Il progetto intende esaminare l'otium degli imperatori da Augusto al periodo tardo-antico (IV-V sec.), una sfera non politica ma non priva di risvolti pubblici, attraverso la quale gli imperatori costruivano un'opinione di sé. Si ricostruiranno così le forme di otium degli imperatori e tutte le attività connesse a questa sfera (studi, letture, stesura di scritti e di canti, esercizi fisici, passeggiate, banchetti, ludi, godimento di oggetti d¿arte) insieme alle architetture e agli spazi funzionali per il loro svolgimento. Quali erano le tipologie di otium (litteratum, illitteratum, honestum, luxuriosum) che formavano l'immagine degli imperatori buoni o malvagi agli occhi dei testimoni contemporanei e nelle voci successive? In che misura le loro maniere di plasmare l'otium influenzavano le abitudini della élite? Viceversa, gli aristocratici anticipavano forme di otium poi assunte dagli imperatori o esibivano modelli etici alternativi di otium, carichi di un potenziale polemico nei confronti del principato? Quali erano i luoghi prediletti per l'otium degli imperatori? Scrive Plinio il Giovane nel Panegirico (82) per lodare la condotta di Traiano rispetto a Domiziano, incapace persino di sopportare l'otium del lago di Albano o il sonno e il silenzio di quello di Baia: «proprio le voluptates consentono un retto giudizio sulla gravità, la probità e l¿equilibrio di un uomo. Chi è mai così dissoluto da non mostrare, quando è occupato, un po' di gravità nel contegno? L'otium è rivelatore (otio prodimur). Molti principi non lo trascorrevano forse nel gioco dei dadi, nella libidine, nel lusso, chiedendo sollievo dalle faccende gravi alla frenesia dei vizi?». Il progetto, che raggruppa archeologi e filologi, prevede l'organizzazione di un convegno internazionale con il fine di esaminare, tramite la scelta di casi esemplari e l'esame di tutti i documenti disponibili, l'otium imperiale in prospettiva diacronica e la sua ideologizzazione nella società attraverso il tempo.
Il progetto intende ricostruire le forme di otium degli imperatori e tutte le attività connesse a questa sfera (studi, letture, stesura di scritti e di canti, esercizi fisici, passeggiate, banchetti, ludi, godimento di oggetti d'arte) insieme alle architetture e agli spazi funzionali per il loro svolgimento. È rara la possibilità del collegamento diretto di testi e monumenti. È preziosa una parte dell'epistolario tra Marco Aurelio e Frontone (Aur. IV, 4-5), con una serie di lettere che rendono nota le giornate di un futuro imperatore, all'epoca poco più che ventenne, a Villa Magna presso Anagni. Così Marco Aurelio riferisce di avere studiato dalle tre del mattino alle otto, di avere passeggiato dalle otto alle nove davanti al cubiculum e di essersi recato a salutare il signore; seguirono una caccia e, dopo mezzogiorno, una volta tornato a casa, Marco Aurelio si dedicò alla lettura dei libri, trattenendosi circa due ore sul letto e leggendo due orazioni di Catone; in seguito, redasse un breve scritto da dedicare alle Acque o a Vulcano, mal riuscito, confessa, come composto da un cacciatore e da un vendemmiatore, del genere di coloro che facevano risuonare intorno alla sua stanza grida festose ma sgradevoli. Un altro giorno fu dedicato alla vendemmia in cui tutti fecero una bella sudata, gridando forte; dopo lo studio, Marco Aurelio si mise a parlare con la madre seduta sul letto, e durante la conversazione suonò il gong per annunciare il passaggio del padre nel bagno; dopodiché la famiglia imperiale mangiò nel frantoio e si mise ad ascoltare i contadini scambiarsi dei frizzi. Alla testimonianza si associa una scoperta del 2007 a Villa Magna di un complesso composto di calcatorium, di cella vinaria, con pavimento in giallo antico e portasanta, e di una struttura semicircolare interpretabile come coenatio. Si tratta però di un caso eccezionale, perché di norma le informazioni sui soggiorni nelle residenze lontano da Roma sono ovviamente meno precise, e neanche si dispone della ekphrasis di una villa imperiale comparabile alla "villa poetry" di Stazio. Così, se anche a un complesso come Villa Adriana la Historia Augusta non può che dedicare poche righe, è l'analisi degli edifici e degli ornamenti (non solo statue e quadri) a permettere di supporre una relazione con le occupazioni dell'otium trasmesse da biografi e storici antichi in notizie più aneddotiche, pur da valutare criticamente. Per esempio, per la villa di Sperlonga sono ancora tante le controversie irrisolte sulla decorazione scultorea della spelunca in rapporto alla datazione (il terzo quarto del I sec. a.C. resta l'opzione migliore), ai significati e al collegamento, diretto o meno, con Tiberio. Di certo, si trattava di uno splendido triclinio in cui è concepibile lo svolgimento di conversazioni erudite in mezzo ai miti: torna bene anche a cena fare cultura (philologia), sostiene Trimalchione (Sat. 39, 4). Discorsi compatibili con un individuo come Tiberio, il quale era abituato a trattenersi con i commensali greci e a porre a pranzo quesiti su argomenti tratti dalle sue letture giornaliere, per non parlare della sua passione per la mitologia, fino alle inezie e al ridicolo secondo Svetonio. A distanza di tempo, nel III-IV sec., una sofisticata iscrizione esametrica in dieci linee su una piccola lastra in marmo, forse affissa sulla parte posteriore dell'antro, dunque in unione e in competizione con le sculture, ne fa conoscere una modalità di fruizione; il testo, ricco di allusioni virgiliane, per quanto non proiettabile all'indietro sulla situazione del tardo I sec. a.C., non è riducibile a una pallida memoria di declamazioni passate. Nella composizione si legge che Virgilio, se potesse resuscitare, resterebbe stupito di fronte al grandioso opus in più episodi correlati con Ulisse come protagonista; non gli resterebbe che dichiarare la propria sconfitta di fronte all'antro perché incapace di rappresentare in un poema queste cose in una maniera parimenti vivida, come invece riuscito all'artefice, superabile solo dalla mano della natura (il rapporto tra ars e natura è un fattore essenziale anche per la progettazione delle ville). Il verso 5 - speluncas vivos(que) lacu[s) - allude a un celebre passo delle Georgiche (II, 466) con l'encomio della vita rustica e degli agricoltori, non costretti a vedere un'alta domus con porte superbe riversare da tutti gli atri un'enorme folla di salutanti mattinieri o ad ammirare a bocca aperta i battenti screziati di bella testuggine, i drappi, i fregi d'oro e i bronzi di Corinto; essi godono di una quies sicura, una vita ignara d'inganni e ricca di beni, otia in ampi terreni e speluncae vivique lacus.
Il progetto mira a delineare la storia culturale dell'otium imperiale, mai tentata in maniera sistematica, grazie all'unione delle competenze archeologiche e filologiche dei partecipanti, che consentirà di aprire nuove prospettive di ricerca derivanti dagli sguardi incrociati su monumenti e testimonianze letterarie.