
La ricerca si pone l'obiettivo di attuare una riconsiderazione critica della specificità dello stucco come medium artistico e della progettualità compositiva che da esso deriva nei secoli XVI e XVII. Dal punto di vista topografico, Roma è centro dell'indagine anche se pari attenzione verrà riservata ad altre realtà in rapporto di dipendenza o di reciproca influenza con essa.
L'arco temporale d'analisi si viene a circoscrivere, da un lato, dalla riscoperta della tecnica dello stucco bianco all'antica, e, dall'altro, dalla grande stagione decorativa barocca, la quale riesce a metterne a frutto le potenzialità. Entro questa lunga stagione, una fase di stallo si avverte poco dopo la conclusione del Concilio di Trento: nella Roma sistina infatti, le realizzazioni plastiche vengono rimpiazzate da rappresentazioni illusive, simulate dalla pittura. Tale costatazione impone d'indagare il dibattito sui 'parerga' e sul ruolo dell'immaginazione nella dottrina delle immagini di fine secolo. Un necessario studio dei trattati d'arte e delle teorie estetiche si giustifica alla luce del ricco dibattito sullo statuto delle arti, che si sviluppa nel Cinquecento e si riaccende, in forme nuove e differenti, nel Seicento, con il problema di conciliare la ricezione dell'antico e della tradizione artistica precedente con la fantasia barocca.
Alla base della ricerca vi è la convinzione che le criticità e le problematiche del rapporto con l'Antico, che interessa in maniera estremamente sfaccettata il Cinque ed il Seicento, possa essere indagato anche attraverso il canale dello stucco. Partendo da cantieri ben individuati, Villa Giulia e Palazzo Capodiferro Spada, esempi di due linee di gusto differenti ma convergenti in più punti, è possibile intessere una rete di relazioni urbane, nazionali ed internazionali, che spaziano indietro ed avanti nel tempo, dalla bottega raffaellesca ai grandi cicli barocchi, e affrontare così questioni fondamentali nella teoria artistica della prima età moderna.
L'originalità della ricerca risiede nella volontà di affrontare uno specifico aspetto della decorazione, lo stucco, tradizionalmente messo in secondo piano rispetto alle indagini di natura architettonica e pittorica. Nell'arco di tempo da analizzarsi, i secoli XVI e XVII, per la qualità delle realizzazioni e la rilevanza dei luoghi in cui esso venne messo in opera, lo stucco richiede di essere preso per la prima volta in considerazione nella sua autonomia e specificità, procedendo con un approccio interdisciplinare.
La ricerca, dunque, nel porsi l'obiettivo di attuare una riconsiderazione critica dello stucco come medium artistico e della progettualità compositiva che da esso deriva, intende indagarlo con metodologie differenziate allo scopo di ottenere il massimo numero di informazioni: il ruolo dell'ideatore del progetto complessivo e quello degli esecutori dei singoli episodi; l'incidenza dell'ispiratore del programma iconografico e la maniera di combinazione delle due istanze, quella fattivamente artistica e quella tematica; l'effetto sull'osservatore e la natura del pubblico di destinazione.
Un secondo aspetto d'innovatività consiste nella volontà di messa a sistema di informazioni che per troppo tempo sono rimaste confinate in una prospettiva locale: nuova attenzione verrà riservata alla circolazione degli artisti, nel tentativo di approdare a maggiori conoscenze relative alle singole personalità e al funzionamento delle botteghe, ma soprattutto si considereranno le problematiche di diffusione dei modelli decorativi tra le diverse realtà politico-territoriali, con un'accurata propensione a evidenziare la partecipazione di specifici committenti, religiosi e umanisti estensori dei programmi iconografici.
A garantire una prospettiva più ampia sul tema è anche l'apertura verso l'età barocca. La prospettiva diacronica con la quale si affronta il problema permetterà di capire se e quale continuità si stabilì tra i cantieri cinquecenteschi e quelli della prima metà del Seicento e quali furono i motivi della ripresa di questa tecnica nel sesto decennio del secolo. Per verificare tali ipotesi ci si occuperà di alcuni casi di studio particolarmente significativi e non indagati sotto questa prospettiva: la cappella Clementina nelle confessioni della basilica San Pietro, alcuni cantieri di Domenico Zampieri, la decorazione a stucco della cripta del tempietto in San Pietro in Montorio, il restauro, sotto la regia di Pietro da Cortona, della cappella Cesi in Santa Maria della Pace e la decorazione della chiesa di S. Maria in Vallicella da parte del medesimo, i cantieri diretti da Maratti in Sant'Isidoro e nella cappella Spada alla Chiesa Nuova ed infine l'opera dello stuccatore Tommaso Mattei. Sarà un ulteriore obiettivo della ricerca comprendere se all'uso della decorazione a stucco, così come intesa nel Cinquecento (capace cioè di porsi allo stesso piano della pittura e della scultura), particolarmente praticata nei cantieri di Domenichino, di Alessandro Algardi, di Carlo Maratti e dei suoi allievi, sottenda la condivisione di una teoria estetica comune.
Le acquisizioni che conseguiranno dalla ricerca getteranno luce ulteriore sul ricco dibattito che si sviluppò nel Cinquecento e si riaccese, in forme nuove e differenti, nel Seicento, con il problema, forse più per l'odierna critica, di conciliare la ripresa dell'Antico e della tradizione cinquecentesca con la fantasia barocca. L'evoluzione della cultura antiquaria cinquecentesca, in formazione nei primi decenni del secolo eppure già leggibile nelle realizzazioni degli allievi di Raffaello, può ricostruirsi attraverso lo studio dell'impiego dello stucco, seguendo un fil rouge che si dipana lungo i decenni e nelle differenti realtà geografiche, pur mantenendo il suo punto di riferimento in Roma, e raggiungendo piena coscienza critica sotto il pontificato di Innocenzo X.
In questa disamina, condotta non solo sulla base dell'analisi delle realizzazioni artistiche ma anche di testi letterari e di riflessioni estetiche, particolare attenzione verrà rivolta alla cosiddetta età della Controriforma: nei decenni successivi al Concilio di Trento il grande dibattito sul ruolo delle immagini e dell'arte può essere ripercorso, adoperando un punto di vista peculiare ed efficace, attraverso l'impiego o meno allo stucco. Strettamente connesso alla decorazione a grottesca, seppur non limitandosi ad essa, lo stucco ha scontato la percezione negativa che pesava sull'ornamento dai tempi del trattato di Vitruvio, forse inconsapevolmente rinnovata dalla definizione di Vasari di una formula «licenziosa e ridicola molto», che esplode poi nel precetto borromaico a rifiuto dei cosiddetti 'parerga', per approdare al menzionato biasimo berniniano.
In conclusione, toccando tutte le problematiche che sono state illustrate, la ricerca contribuirà in ciascuno di questi settori fornendo nuovi dati archivistici, attribuzioni stilistiche, chiavi di lettura e spunti per il dibattito critico.