
In occasione del 1900° centenario dell'ascesa all'Impero di Adriano, che sosteneva di essere "peritissimus" di architettura, si ritiene necessario procedere ad un complessivo aggiornamento degli studi storico-architettonici sulle figure di Apollodoro di Damasco, architetto di Traiano, e di Adriano, architetto di se stesso. Ad una enorme produzione scientifica nei settori dell'Archeologia e della Storia dell'Arte Antica non corrisponde ancora un analogo approfondimento nel settore appunto della Storia dell'Architettura. Temi di indagine saranno quindi l'architettura traianea, dominata dalla figura di Apollodoro, e la figura di Adriano, la cui doppia natura di imperatore ed architetto ha certamente influenzato, come committente e come progettista, la produzione architettonica contemporanea. Per favorire un dibattito per quanto possibile aperto sulle tematiche della ricerca si prevede l'organizzazione di un convegno specialistico, dedicato agli aspetti architettonici dell'attività costruttiva nell'età di Adriano.
Come comunemente ammesso, Villa Adriana è un caposaldo nella storia dell'architettura: considerandola nel suo risultato finale, e prescindendo dal suo complesso iter progettuale e realizzativo, deve essere considerata un epocale turning point. Anche a non voler considerare del tutto innovativa la straordinaria sintesi di libertà compositiva e di ferrea cordinazione della pianta (non è impossibile che ad Adriano non fosse ignoto l'impianto originario della Domus Aurea neroniana, di cui potrebbe forse aver assistito alla sepoltura del padiglione del colle Oppio), almeno due sono le novità assolute che la villa presenta. In primis, come è noto, la straordinaria fantasia formale e l'audacia strutturale di volte e cupole, di cui alcune praticamente inedite: come non ricordare, in tal senso, oltre alla cupola del vestibolo della Piazza d'Oro, il catino a spicchi del c.d. Serapeo del Canopo, la formidabile cupola-solaio (per quanto è sottile e ribassata) del c.d. apodyterium delle "Piccole Terme" impostata su un'azzardatissima pianta ottagona con lati alternativamente rettilinei e convessi verso l'interno della sala, che ha portato alla definizione di una copertura definita "un paradosso statico" (è questa una delle "zucche" che Apollodoro gli avrebbe rimproverato di creare?). Di qui il passo al "credo quia absurdum" della pretesa cupola del padiglione della Piazza d'Oro, talmente audace che non ne sarebbe rimasto alcun avanzo. Più inosservata, ma più deflagrante per le conseguenze nell'architettura successiva, è l'altra innovazione, riscontrabile in tutta la villa: lo svincolamento dell'intera architettura dall'ordine architettonico. Se si eccettua il c.d. Tempio di Afrodite Cnidia, che sarebbe peraltro una deliberata citazione di un edificio esistente, non c'è infatti altro edificio della villa che possa essere definito in base all'ordine architettonico. In altre parole, gli ordini possono decorare superfici e volumi, ma mai sostituirsi ad essi: anche privati della loro decorazione marmorea, infatti, i volumi della villa restano espressivi architettonicamente. Se noi privassimo il Partenone o la basilica Ulpia degli ordini architettonici, li priveremmo della loro architettura; chi ha depredato i marmi di villa Adriana non ha fatto che esaltarne le valenze plastiche. Una volta svincolate dall'ordine, le facciate (ove ancora si possa parlare di facciate) si svincolano anche dalla complanarità e dal volume bloccato: il fronte sudoccidentale delle grandi terme, ad esempio, mostra già un'evidenziazione delle cellule compositive che rifugge da qualsiasi tentativo unificante. Una tale rivoluzione copernicana ante litteram non poteva essere immediatamente recepita dagli architetti contemporanei: è per questo che si sarebbe tentati di estendere l'attività progettuale dell'imperatore anche ai più significativi padiglioni dell'amatissimo praetorium di Baia. Se, al contrario, volessimo rintracciarne la diffusione al di fuori dell'immediato entourage dell'imperatore, dovremmo attendere almeno una generazione per vederne i frutti nell'architettura termale africana o ostiense , ma la vedremmo realmente metabolizzata solo nell'impianto delle grandi ville del IV secolo.
Anche per quanto riguarda il tempio di Venere e Roma, si può parlare di rottura con le tradizioni secolari, che nemmeno il "barocco flavio", in fondo, era riuscito a scalfire. In esso Adriano adotta (e impone?) una nuova semantica della trabeazione, felice commistione di ionico e dorico inventata (o solo realizzata?) dalla scuola di Afrodisias: il fregio è al tempo stesso continuo e frammentato, scandito da triglifi fogliacei come lo immaginiamo, in base a confronti con il Traianeum di Pergamo e con il tempio di Apollo a Side (ma perché non aggiungere anche il fregio del tempio di Zeus a Baalbeck , che potrebbe ricadere comodamente nella stessa epoca?) e da Gorgoneia (memorabili quelli della ripresa adrianea del Didymaion di Mileto). Si tratta di edifici legati alla figura dell'imperatore (nel caso di Side, ove il rapporto è meno diretto, si tratta di una certa derivazione dall'esemplare pergameno), non deve meravigliare che riflettano (e in parte restituiscano) il prototipo romano da lui progettato. Si è sottolineato in altra sede, come gli imperatori romani più interessati alla definizione di un'architettura specifica e caratterizzante lo scenario del regno avessero quantomeno favorito l'adozione generalizzata di specifici stilemi architettonici, e come veri e propri salti formali caratterizzasero l'affermarsi di nuovi regi: il c.d "early decorated", ma in realtà il vero protoaugusteo rispetto al vecchio secondotriumvirale; il barocco flavio, il neoaugusteo di Apollodoro, quindi un nuovo decorativismo adrianeo.