Anno: 
2018
Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_1241548
Abstract: 

Le encefaliti di origine autoimmune (EA) rappresentano un gruppo eterogeneo di patologie recentemente identificate ed in continua espansione, sebbene ancora spesso misconosciute. Si caratterizzano per l¿esordio subacuto di crisi epilettiche, deficit mnesici e disturbi psichiatrici, frequentemente associati a disordini del movimento, vegetativi e del ciclo sonno-veglia, e sono talora legate ad anticorpi diretti contro antigeni di superficie neuronale. Queste patologie sono potenzialmente reversibili se tempestivamente trattate con immunoterapia. Sebbene le indagini strumentali possano fornire elementi a sostegno della diagnosi (es. alterazioni temporo-mesiali bilaterali, pleiocitosi liquorale), questa resta basata eminentemente su criteri clinici, specie nei casi in cui non sia possibile identificare uno specifico anticorpo (encefaliti ¿siero-negative¿). Tale indeterminatezza diagnostica, tanto maggiore quanto più i sintomi sono parziali/subdoli, è spesso fonte di ritardi nel trattamento, con importante impatto sull¿outcome. L¿obiettivo principale del nostro studio prospettico è proprio quello di proporre un algoritmo diagnostico efficace [comprensivo di valutazione clinica (effettuata anche tramite scale quantitative), esami di laboratorio su siero/liquor e neuorimaging], finalizzato alla identificazione tempestiva dei pazienti con varianti paucisintomatiche, e pertanto spesso misconosciute, di EA. La seconda parte del protocollo, a carattere di ricerca, prevede invece che venga eseguito il dosaggio plasmatico delle citochine infiammatorie: come controlli verranno impiegati soggetti sani e casi di encefalite virale, il che consentirà di valutare la potenziale utilità del profilo citochinico nella diagnosi differenziale. Il dosaggio verrà effettuato all¿esordio della patologia e durante il follow-up, allo scopo di identificare eventuali correlazioni tra livello citochinico e fase di malattia, e valutarne il possibile impiego come marcatore di recidiva.

ERC: 
LS5_7
LS6_4
Innovatività: 

Le encefaliti autoimmuni (EA) rappresentano un argomento di crescente interesse nell¿ambito della neurologia, alla luce non solo delle implicazioni cliniche nella pratica quotidiana, ma anche dei potenziali spunti per la ricerca di base. Il corretto inquadramento e l¿adeguata gestione di queste condizioni complesse implica l¿integrazione di conoscenze trasversali nei campi della neurologia, dell¿infettivologia e dell¿immunologia, e richiede pertanto la collaborazione tra specialisti di diverse discipline, con differente sensibilità per le suddette patologie. E¿ ormai comprovato infatti che, nonostante la crescente attenzione e la sempre più dettagliata definizione fenotipica, ancora oggi le encefaliti autoimmuni siano spesso misconosciute, e vengano frequentemente interpretate come encefaliti di ¿possibile eziologia virale¿, e trattate in quanto tali. Queste scelte terapeutiche non solo espongono i pazienti ai potenziali effetti collaterali di farmaci inutili ed inefficaci, ma impattano anche negativamente sull¿outcome (soprattutto in termini di restitutio ad integrum), fortemente legato all¿introduzione tempestiva dell¿immunoterapia. La diagnosi precoce, essenziale per un corretto approccio terapeutico, è resa ulteriormente complicata dalla comparsa dei sintomi in soggetti con numerose comorbidità e politerapie (es. anziani con aumentato rischio di disturbi metabolici e cerebro-vascolari) e/o dalla presenza di quadri sintomatologici frustri, sempre più spesso documentati ma la cui reale incidenza resta a tutt¿oggi sconosciuta. Alla luce di queste considerazioni, il nostro progetto assume valore innanzitutto poiché si prefigge come obiettivo quello di stabilire un approccio sistematico e standardizzato ai pazienti con encefalite nei quali l¿eziologia autoimmune sia suggerita dal quadro neurologico e dall¿assenza di evidenze a sostegno dell¿ipotesi infettiva. L¿applicazione di questo scrupoloso metodo di indagine a soggetti afferenti da diversi dipartimenti potrebbe innanzitutto fornire dati epidemiologici più accurati circa la prevalenza di encefaliti autoimmuni, evidenziando al contempo i contesti più problematici della diagnosi differenziale (es. patologie infettive da agenti atipici, demenze reversibili/rapidamente evolutive, interessamento cerebrale da patologie autoimmuni sistemiche, meningo-encefaliti carcinomatose/linfomatose etc). I dati raccolti potrebbero inoltre far emergere marcatori fenotipici suggestivi di una eziologia disimmune, e, nei casi in cui la diagnosi sia confermata, potrebbero portare all¿identificazione di fattori predittivi dello sviluppo di sequele neurologiche e psichiatriche (es. epilessia del lobo temporale, disturbi mnesici, alterazioni comportamentali e/o del tono dell¿umore).
L¿altro elemento cardine della ricerca è rappresentato dalla valutazione del ¿profilo infiammatorio¿ dei pazienti con EA, mediante dosaggio seriato dei livelli plasmatici di citochine infiammatorie, comparati con controlli sani e soggetti con encefaliti erpetica. Tale tipologia di indagine (sporadicamente riportata in letteratura) è volta innanzitutto a ricercare elementi quantitativi utili alla diagnosi differenziale tra condizioni infettive e non-infettive, specie alla luce delle intricate, e per lo più sconosciute, correlazioni tra processi infettivi e autoimmunità, suggerite dai casi di EA precedute/triggerate da encefaliti erpetiche. Tale tecnica, se validata, potrebbe quindi rappresentare un strumento diagnostico poco invasivo e di rapido utilizzo, in grado di fornire dati utili in tempi molto più brevi di quelli necessari alla ricerca anticorpale, incompatibili con le necessità di un trattamento immunomodulante tempestivo. L¿altra lacuna, spesso riscontrata dai clinici, che questo approccio sperimentale mira a colmare, è l¿assoluta mancanza di marcatori affidabili di recidiva di patologia: è infatti esperienza comune che i pazienti con pregressa EA sviluppino sequele neurologiche croniche e possano allo stesso tempo andare incontro a fasi di riacutizzazione della sintomatologia legate a recrudescenza dei processi immunologici di base. La distinzione tra queste due entità risulta spesso estremamente complessa, specie nei soggetti che abbiano ormai sviluppato una epilessia del lobo temporale, in cui la ricorrenza di crisi epilettiche potrebbe essere espressione di una condizione cronica (epilessia farmaco-resistente) come pure di una persistenza/riattivazione dei meccanismi disimmuni, richiedendo un trattamento immunomodulante cronico o un upgrade terapeutico mediante immunosoppressori di secondo livello. L¿identificazione di eventuali correlazioni tra i livelli plasmatici di citochine e il decorso di malattia potrebbe fornire dei biomarkers di recidiva, con implicazioni rilevanti sulle scelte terapeutiche dei clinici. Tali dati contribuirebbero inoltre ad elucidare i meccanismi fisiopatologici che sottendono a queste complesse condizioni disimmuni, tutt¿ora oggetto di un intenso studio.

Codice Bando: 
1241548

© Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma