
Il GaN viene utilizzato in sistemi nei quali sono necessarie giunzioni metallo-semiconduttore e si possono trovare due tipi diversi di contatti: il contatto ohmico e il contatto Schottky retti¿cante. Il contatto ohmico, utilizzato per il Source e il Drain, deve essere un contatto a minor resistenza possibile, per favorire il passaggio dei portatori senza limitare la conduttanza del dispositivo. Per creare questo tipo di giunzione si usano metalli con bassa funzione lavoro, spesso combinati in leghe per ottimizzare la resistenza di contatto, come il Ni/Au, Ti/Al/Ni/Au o Ti/Al/Ti/Au. Il contatto Schottky retti¿cante, formato da semiconduttore n e da un metallo con funzione lavoro maggiore rispetto a quella del semiconduttore, è utilizzato invece per la giunzione di Gate con lo scopo di fornire il controllo sul canale, limitando però il più possibile il leakage attraverso tale terminale. Per questa giunzione si adoperano metalli ad elevata funzione lavoro, come Ni (5.15 eV),Pl (5.65 eV) e Pd (5.12 eV). Anche in questo caso, oltre a ottimizzare l¿altezza di barriera, si usano delle soluzioni a multi-strato per migliorare la stabilità termica (Ti) o la conduttività del contatto (Al, Au). Con lo scopo di realizzare giunzioni metallo-semiconduttori ottimali, il seguente progetto propone la messa a punto di un sistema di caratterizzazione delle giunzioni, nella nanoscala per dispositivi HEMT, per trovare il miglior materiale multistrato lato metallo. A tal fine, si propone in particolare, lo sviluppo di una tecnica di caratterizzazione attraverso l'utilizzo dell'AFM, per mappare la work function dei contatti metallici nella nanoscala. Tale tecnica non solo può risultare utile come metodo d'indagine per trovare una migliore configurazione del multristrato ma potrebbe anche essere utilizzata in linea di produzione per un discorso di affidabilità del dispositivo ed in particolare delle giunzioni.
L'innovatività della ricerca sta nell'integrare caratterizzazioni AFM e dispositivi HEMT in linea di produzione. Le tecniche di caratterizzazione AFM non sono distruttive e non richiedono di operare in vuoto, quindi molte volte risultano essere più veloci rispetto ad altre tipo di caratterizzazioni. Ma l'aspetto più importante risiede nella possibilità di andare a mappare le proprietà dal punto di vista quantitativo. Infatti con il microscopio a forza atomica possiamo posizionare una sonda nanometrica in punti specifici del contatto M-S per calcolarne le proprietà locali come work function e conducibilità elettrica. Potendo così verificare precisamente in quale punto si hanno problemi di affidabilità da parte del dispositivo. Attualmente oltre alle caratterizzazioni I-V del dispositivo che permettono di controllarne il corretto funzionamento ma che non permettono di individuare in maniera univoca il difetto in caso di malfunzionamento vengono fatte caratterizzazioni di elettroluminescenza. Lo scopo delle misure di elettroluminescenza è quello di controllare lo stato dei dispositivi, quindi l'eventuale presenza di hot spot o di centri di generazione/ricombinazione dei portatori la dove sono maggiormente concentrati i fotoni e di avere informazioni quantitative sull'emissione di fotoni nella zona attiva in diverse condizioni di polarizzazione. Infatti quando un generico dispositivo a canale n viene polarizzato con alte tensioni drain-source, si vengono a creare alti campi elettrici nella regione gate-drain che possono conferire agli elettroni in transito l'energia sufficiente per generare coppie elettrone-lacune mediante ionizzazione da impatto. Per caratterizzare gli effetti da ionizzazione da impatto si usano le misure di fotoemissione associate al dispositivo in certe condizioni di polarizzazione. Infatti i portatori caldi presenti nel canale, e i portatori generati per ionizzazione, urtano il reticolo e cedono energia sotto forma di fotoni (effetto termoionico). Questo processo di scattering e l'emissione luminosa associata, quindi, è rappresentativo del fenomeno di ionizzazione da impatto presente nel canale e può essere misurato per valutarne l'entità. Tale emissione, tipicamente, è influenzata principalmente da due fattori: la corrente di canale (che fornisce i portatori da accelerare) e il campo elettrico gate-drain (che accelera i portatori); questi due fattori, al variare della tensione di gate con drain fisso, crea il tipico diagramma a campana, mettendo in evidenza l'effetto contrario dei due elementi.
In questo genere di misure il wafer da testare è posto all'interno del microscopio a emissione. Questo strumento permette di effettuare il conteggio dei fotoni emessi dal dispositivo sotto test, mediante una CCD-camera raffreddata a 50°C. Si usano inoltre 4 obiettivi (5X, 10X, 50X, 100X) e diversi filtri in grado di ridurre l'intensità della radiazione incidente sul CCD, evitando di saturare lo stesso in caso la radiazione emessa dai dispositivi sia troppo elevata. Può essere pilotato sia frontalmente, sia via softfware, mediante un PC ad esso connesso. È possibile regolare il tempo di esposizione del CCD, che viene controllato con l'apertura e chiusura di uno shutter. All'interno dello strumento è presente una piastra di supporto, detta chuck, dove viene sistemato il dispositivo da testare. Il wafer é fissato al chuck da un sistema di aspirazione e i pad di gate, drain e source del dispositivo sono contattati attraverso 4 punte DC (gate, drain, e 2 sul source) ). Le punte DC sono tipicamente in tungsteno e sono utilizzate per misure a bassa frequenza e DC, essendo dotate di una ridotta banda passante, circa 100kHz. Le punte sono montate su micro-manipolatori fissati alla probe grazie ad un sistema di aspirazione che crea il vuoto. Tali manipolatori permettono di gestire la posizione dei terminali nelle tre dimensioni e quindi di contattare il dispositivo. E' chiaro quindi quanto questo sistema di caratterizzazione sia dispendioso dal punto di visto economico e temporale cosa che non risulta essere per il microscopio a forza atomica
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