
A differenza dell'Europa, dove lo monumentale è dato dall'architettura, in America il riferimento principale viene dato dalla geografia. L'architettura cilena sin dagli inizi ha dovuto affrontare la vasta dimensione territoriale con le sue proporzioni e varietà di climi e geografie, che nel suo insieme la trasformano in uno scenario molto attraente, ma in qualche modo isolato dal resto del continente: un territorio di carattere indomito, remoto e vasto.
La concezione culturale del paesaggio cileno porta a costruire l'architettura in un modo particolare, che nasce spontaneamente da un dialogo costante con la natura. "Fondare" nel territorio e "umanizzare" la natura, diventano i due cardini della relazione tra Uomo e Natura e queste due "azioni" di definizione dei luoghi rappresentano anche i due paradigmi dell'architettura cilena contemporanea. Infatti, l'essere consapevoli della vastità e, al tempo stesso, dell'aggressività del territorio, porta in diversi modi a cercare punti di contatto tanto con lo spazio aperto quanto con il suolo; un gioco di spazi chiusi, semiaperti e aperti, e un lavoro con i materiali propri del luogo, utilizzati sia in un modo primitivo e grezzo sia in un modo più innovativo e raffinato, ma sempre riferito alle tecniche costruttive che caratterizzano l'identità locale, per riconoscere nei materiali come il legno, la terra e il rame, l'appartenenza allo stesso territorio.
La ricerca proposta indaga su come avviene questo rapporto uomo-natura e in che modo la dimensione territoriale influisce nel processo di progettazione, individuando i diversi metodi e approcci progettuali al paesaggio naturale attraverso lo studio dei concetti relativi al tema e l'analisi teorico-critico dei progetti più significativi che dimostrano che il dialogo tra paesaggio e artificio architettonico dipende dalla percezione del territorio. Il progetto diventa la sintesi di una lettura territoriale e culturale che configura la nuova immagine di paesaggio.
Al controllare la bibliografia relativa al tema di ricerca proposto emergono principalmente articoli che fanno riferimento ad alcune opere nello specifico, libri di architettura latinoamericana dove si tratta il caso cileno superficialmente o libri nettamente di fotografie delle opere. Questo fatto non solo porta con se dei vuoti nel percorso formativo che offrono le diverse facoltà di architettura, anche diventa una importante mancanza nell'area della ricerca teorica e storica-critica, considerando il grande impatto che ha oggi internazionalmente l'architettura cilena.
Analizzando le ricerche finora realizzate, i progetti cileni costruiti nel contesto naturale dimostrano di essere i protagonisti di un campo di sperimentazione di verifica di come può avvenire il dialogo tra architettura e paesaggio nei diversi luoghi del territorio cileno. Miquel Adrià nel libro "Blanca Montaña. Arquitectura en Chile" afferma che "si reagisce, attivamente o passivamente, di fronte alla modernità internazionale, importando i modelli razionalisti o interpretando, dai parametri locali, le chiavi del Movimento Moderno e della tradizione" (2010:25). Oltre al riconoscimento di una particolare peculiarità progettuale, si apprezza anche l'uso di materiali locali come reinterpretazione della cultura. Questo avviene attraverso l'uso di tipologie costruttive, tecniche e materiali della zona dove si costruisce. Architetti come José Cruz Ovalle e Cazù Zegers si caratterizzano per l'uso del legno come materia espressiva. Cruz Ovalle, vincitore del premio "Spirit of Nature Wood Architecture Award" (2008), mediante l'astrazione architettonica, dove funzione e struttura sono in diretto rapporto, conforma spazi dotati di flessibilità e leggerezza; Cazù Zegers nel suo libro "Carpinterías" invece afferma che "il rustico e il brutale della dimensione geografica è addomesticato dalla precisione del carpentiere in perfetto equilibrio" (2008:18).
Da un'altra parte, tanto come lo è stato per gli architetti lo studio di diversi progetti, sin dagli origini, la dimensione territoriale è stata per i geografi un importante ambito di ricerca, dove l'ambivalenza della natura cilena sembra essere percepita come sublime, parola proveniente dal latino "sublimis", "ciò che è al limite", "ciò che giunge fin sotto la soglia più alta". Secondo Kant si possono distinguere due tipi di sublime: il sublime dinamico e il sublime matematico. Il primo fa riferimento alla potenza annientatrice della natura, di fronte alla quale l'uomo prende coscienza dell'esistenza del limite; il secondo invece è legato alla pura contemplazione della natura immobile e fuori dal tempo.
Nonostante questo, i due ambiti di ricerca appena descritti, quello architettonico e quello territoriale, sono stati sempre studiati separatamente. È interessante come nelle ricerche su architettura cilena, si mette in evidenza l'importanza del contesto naturale e culturale del progetto, però non si capisce in profondità in che modo questi aspetti influiscono nel processo progettuale; in che modo l'architetto come abitante si affronta al territorio e in base alla immagine di paesaggio che osserva decide di lasciare un suo segno artificiale. Com'è questo segno venne descritto, ma quali sono le motivazioni che trasformeranno l'immagine di paesaggio originale? conformandone una nuova dove il progetto diventa l'apparato di riconoscimento territoriale. È appunto in questo aspetto dove risiede l'innovatività della ricerca proposta. Nell'identificazione dei diversi modi di reinterpretare il territorio mediante il progetto architettonico. Arricchito anche da altri aspetti quali il modo di lavorare la materia e i dettagli, da proposte tipologiche innovative e dalla capacità di proporre soluzioni multiple a problemi sociali, avendo da una parte poche risorse (come accade nel social housing) o dovendo dall'altra rispondere velocemente ai disastri naturali, soprattutto post-terremoto.
Alcuni approcci progettuali che si affronteranno in questa ricerca avranno relazione con concetti come "l'integrazione", dove si modifica il paesaggio originale al fondersi con la natura, sia avvicinandosi a essa, toccandola o reinterpretandola; la "contrapposizione", dove l'oggetto si posa sul terreno lasciando in chiaro la sua qualità di artificio, senza pretendere di competere o di fondersi con la dimensione territoriale; e la "reinterpretazione dell'abitare locale", legato alla osservazione della cultura delle località, centrato su analizzare e capire i diversi tipi di rapporto esistente tra artificio e natura. Dunque, lo studio del rapporto tra uomo e paesaggio, caratterizzato per il dialogo dell'abitante con una natura di grande scala, remota e vergine, insieme all'identificazione di diversi metodi e approcci progettuali, permetterà di stabilire qual'è l'influenza della dimensione territoriale nella progettazione, potendo essere di aiuto per le ricerche successive in quest'area.