Le lesioni ureterali durante chirurgia addominale sono una temibile complicanza con aumento di morbilità, mortalità e costi socio-sanitari.
Il riconoscimento intraoperatorio degli ureteri, tramite la loro identificazione diretta attraverso la dissezione retroperitoneale, può essere reso difficoltoso da trattamenti chemio-radioterapici, BMI, diverticolite o stati infiammatori pelvici.
La pratica di inserimento, tramite cistoscopia, di cateteri ureterali per la loro identificazione palpatoria però presenta diversi svantaggi: aumentato rischio di danni iatrogeni sulle vie urinarie da parte dell'urologo; infezione ascendenti; aumento dei tempi operatori e dei costi diretti ed indiretti; non applicabile in chirurgia laparoscopica per assenza del feedback tattile.
Nell'ultima decade, la chirurgia guidata dalla fluorescenza (FGS) è stata applicata per l'identificazione di strutture anatomiche (vie biliari, gli ureteri, i nervi), per valutare la perfusione di organi e tessuti, localizzare neoplasie e/o metastasi.
Tale metodica sfrutta la capacità di alcuni coloranti vitali di esseri riconosciuti nel campo della fluorescenza vicino all'infrarosso (NIRF) da visori dedicati.
Sono stati sviluppati negli ultimi anni diverse molecole per permettere l'identificazione tramite NIRF degli ureteri presentando ognuna alcuni svantaggi come alto photobleaching, bassa stabilità à fotochimica (con aumentato rischio, durante la sua degradazione, di rilascio di intermedi di degradazione tossici), oltre a notevoli costi di produzione.
Esiste una nuova classe di fluorofori APMI (Alkylamine Perylene Monoimide) che in relazione alla loro elevata fotostabilità e, per le caratteristiche di idrofilicità, sembra idonea per la visualizzazione degli ureteri tramite NIRF.
Obiettivo del progetto è quello di valutare l'efficacia di un nuovo fluoroforo perilenico APMI ai fini dell'identificazione degli ureteri nel ratto tramite la NIRF.
La lesione iatrogena ureterale durante chirurgia colo-rettale, ginecologica e urologica rappresenta un'importante complicanza, gravata da notevole morbidità, aumento della mortalità e dei costi socio-sanitari associati.
Inoltre, il suo riconoscimento è spesso tardivo, con un tempo medio di riconoscimento che varia da 5.3 a 180 giorni. [D Meirow et al. J Am Coll Surg 1994;178:144-8.]
Per prevenire questo tipo di complicanza è quindi mandatorio in questi tipi di chirurgia il riconoscimento degli ureteri nella loro sede anatomica.
In chirurgia open è consuetudine accedere nello spazio retroperitoneale e identificare e/o repertare su fettuccia l'uretere, mentre in chirurgia VLS si preferisce identificarlo senza aprire il foglietto parietale della lamina di Toldt. La stessa procedura di dissezione retroperitoneale è però un momento chirurgico di aumentato rischio di lesione ureterale ed inoltre è resa difficoltosa da molti fattori come pregressi trattamenti chemio-radioterapici, obesità del paziente, diverticolite o stati infiammatori pelvici.
L'inserimento di catetere ureterale da parte di uno specialista urologo tramite cistoscopia può essere utile, ma espone il paziente ad un aumentato rischio procedurale, ad un aumento dei tempi operatori e dei costi diretti ed indiretti (fino a 3160$ per caso) [Fanning J et al. J Am Osteopath Assoc. 2011 Dec;111(12):667-9]. Inoltre tale metodica non è applicabile in chirurgia laparoscopica per mancanza del feedback tattile. Sono state utilizzate inoltre procedure di imaging come pielografie endovenosa preoperatorie o uro-TC, che però non forniscono una guida in tempo reale durante l'intervento chirurgico, esponendo inoltre i pazienti a radiazioni ionizzanti.
Le poche molecole fluorescenti finora utilizzate non ha dato i risultati sperati ed inoltre sono gravate da possibili rischi per i pazienti e bassa fotostabilità.
Müllen e collaboratori hanno lavorato sui composti fluorescenti a base di perilene che presentano caratteristiche di elevata fotostabilità dovuta al loro nucleo strutturale aromatico. In particolare, è stato possibile conferirgli per la prima volta, la necessaria solubilità in acqua per gli esperimenti biologici e la possibilità di coniugazione con biomolecole per lo studio degli enzimi ATP sintasi. [Peneva, K., et al., Angew Chem Int Ed Engl, 2008].
È stato possibile raggiungere una notevole fotostabilità nel lavoro di Peneva e collaboratori che hanno dimostrato la capacità dei nuovi fluorofori perilenici di resistere alla fotodegradazione. Nel tentativo di estendere l'assorbimento dei fluorofori perilenici nel vicino infrarosso, Müllen e collaboratori si sono concentrati su un ulteriore modifica delle perilendianidridi.
La versatilità della nuova metodologia ha permesso la sintesi di nuovi motivi strutturali installati nelle posizioni peri, in particolare, una funzione imide ed una guanidinica hanno consentito a Peneva e collaboratori di sintetizzare la prima serie di cromofori perilenici idrosolubili attivi nel vicino infarosso [Kaloyanova, S., et al., J Am Chem Soc, 2016. 138(9): p. 2881-4]. Queste funzioni conferiscono alla sostanza la capacità di emettere fotoni a lunghezze d'onda maggiori di 700 nanometri pur mantenendo la caratteristica affinità alle soluzioni acquose e un'alta resa quantica di fluorescenza. Estendendo il sistema coniugato attraverso la funzione imidica e cambiando i sostituenti a base di azoto con funzioni alchilamminiche nelle medesime posizioni, è stata raggiunta per la prima volta, un'emissione in acqua fino a 780 nm. L'assoluta assenza di fenomeni di aggregazione e di affinità agli ambienti lipofili, anche ad alte concentrazioni, e l'alta resa quantica di fluorescenza, rendono i nuovi cromofori perilenici particolarmente adatti alle applicazioni in vivo come la chirurgia fluoroguidata che opera a livello delle vie urinarie.
Obiettivo di tale studio è quello di valutare l'efficacia di un nuovo fluoroforo perilenico APMI ai fini dell'identificazione degli ureteri nel piccolo modello animale (ratto) tramite la fluorescenza vicina all'infrarosso (NIRF).