Benché ad oggi le batterie litio-ione (LIB) predominino il mercato degli accumulatori, si fa sempre più incalzante la necessità di dispositivi con maggiore densità energetica, dai costi più contenuti e dalla durata più elevata. I progressi relativamente lenti sui catodi, che sono da sempre il collo di bottiglia degli output prestazionali delle batterie litio-ione, stanno diventando una barriera nell'ulteriore miglioramento delle LIB. Per questo motivo negli ultimi anni la ricerca si sta orientando in maniera sempre più convinta verso nuove soluzioni. Tra queste, la configurazione che sfrutta un catodo di zolfo in combinazione ad un anodo di litio, tale litio-zolfo, sembra avere il potenziale per diventare la batteria ricaricabile di prossima generazione nel breve-medio termine. Lo zolfo, infatti, presenta una capacità teorica specifica di 1672 mAh g-1 e una densità energetica circa 5 volte superiore a quella delle attuali batterie litio-ione. Ad oggi però, una loro commercializzazione deve però passare attraverso il superamento di una serie di barriere tecnologiche tra cui, la più incalzante, è sicuramente quella del cosiddetto effetto shuttle: un fenomeno per il quale i polisolfuri che si generano durante le ciclazioni tendono a migrare dal catodo all'anodo portando ad una perdita di materiale attivo e quindi ad una scarsa ciclabilità del sistema. L'approccio più promettente e, tecnologicamente più attraente, è sicuramente quello dell'utilizzo di elettroliti allo stato solido che, oltre a garantire elevati standard di sicurezza permetterebbero di sopprimere questa migrazione indesiderata. In tale progetto, quindi, si intende sviluppare un elettrolita in grado di coniugare la stabilità dei materiali allo stato solido (i.e. ossidi ceramici o polimeri iono-conduttori) alla più elevata conducibilità dei liquidi ionici, realizzando così un sistema innovativo di tipo ibrido che verrà combinato con opportuni catodi a base di zolfo in accumulatori al litio.
Ad oggi l'ottimizzazione delle attuali e lo sviluppo delle prossime tecnologie nel campo dell'accumulo energetico non riguarda solo la massimizzazione degli output prestazionale ma si traduce anche in un incremento della sicurezza nell'utilizzo dei dispositivi. Nella loro configurazione "tradizionale" una batteria presenta, genericamente, due componenti elettrodiche (anodo e catodo) e un comparto elettrolitico liquido costituito da solventi organici. La volatilità e l'infiammabilità che caratterizzano questo tipo di solventi può dar luogo, però, al cosiddetto fenomeno del "thermal runaway": una serie di processi a cascata che comportano un innalzamento della temperatura della batteria, un conseguente incremento della pressione interna dovuta alla volatilizzazione delle sue componenti e alla successiva esplosione ed infiammabilità del dispositivo. È dunque evidente come l'utilizzo di un elettrolita così strutturato non possa rispondere agli attuali livelli di sicurezza richiesti dal mercato. Per questo motivo negli ultimi anni la ricerca, accademica ma anche industriale, nel campo delle batterie sta concentrando notevoli sforzi per l'integrazione all'interno dei sistemi di accumulo energetico di una componente elettrolitica solida che non comporti, cioè, l'utilizzo di materiali infiammabili. Nel caso specifico delle batterie litio-zolfo, inoltre, l'utilizzo di un elettrolita solido porterebbe anche un ulteriore vantaggio che è quello di agire come una sorta di barriera fisica alla migrazione di polisolfuri verso l'anodo, sopprimendo così l'effetto shuttle e migliorandone la cycle life. Il principale problema legato all'utilizzo di un elettrolita solido è quello della conduzione ionica soprattutto a temperatura ambiente, che risulta essere di circa 4-5 ordini di grandezza inferiore a quello degli elettroliti liquidi. Per migliorare le resistenze interfacciali di un sistema solido/solido, che risultano essere ovviamente maggiori rispetto quelle che si instaurano in un sistema in cui un liquido bagna la superficie dell'elettrodo, proponiamo dunque la realizzazione di elettroliti ibridi in cui, un liquido ionico viene aggiunto alla matrice solida dell'elettrolita. I liquidi ionici sono sostanze costituite da un anione e da un catione, liquide a temperature ambiente, che risultano essere non voltatili e poco infiammabili e che dunque ben si integrano nel contesto della sicurezza del dispositivo.