Il sistema bancario e l’equilibrio tra stabilità, efficienza e crescita economica
Come diffusamente trattato nel percorso concettuale di questo lavoro, i potenziali effetti dei nuovi orientamenti della politica di vigilanza possono propagarsi sugli equilibri di una molteplicità di attori del sistema economico, fino ad incidere sulla formazione di valore per l’intera economia nazionale.
L’adeguato comporsi dei fenomeni di selezione, indirizzo, sviluppo, stabilità e creazione di valore è subordinato però, come più volte accennato, al verificarsi di alcune condizioni micro e macro-economiche ed al loro proficuo interagire.
In altri termini, il concretizzarsi di un circolo virtuoso tra processi di valutazione del merito creditizio, gestione della redditività bancaria, selezione delle direttrici di sviluppo, stabilità bancaria e sistemica e creazione di valore nell’economia, teso al superamento della menzionata antinomia tra solidità e valore paese, non va inteso come un effetto diretto dell’adozione delle nuove politiche di vigilanza, bensì come un’auspicabile combinazione di condizioni che consenta di fruire al meglio delle opportunità generate dalle nuove logiche di gestione introdotte nel sistema.
Tali condizioni di realizzazione possono essere ricondotte a tre fondamentali categorie:
- condizioni di natura strategica legate all’operare bancario;
- condizioni tecniche connesse all’utilizzo ed all’efficacia dei modelli previsionali;
- condizioni legate al funzionamento dei mercati.
L’indirizzo strategico indotto nella gestione delle banche, sia di grandi che di medio-piccole dimensioni, dal nuovo orientamento della disciplina di vigilanza può a sua volta influire sul funzionamento del delicato meccanismo auspicato.
L’impulso generato delle novità proposte induce verso l’adozione di modelli di gestione del rischio certamente più sofisticati e più coerenti con l’esigenza di una proficua maggiore efficienza nel mercato del credito e dei capitali.
Le crisi bancarie in Europa si sono verificate nonostante l’introduzione dei coefficienti patrimoniali che hanno dimostrato una loro efficacia solo parziale; pertanto ben venga una sofisticazione dei criteri di gestione del rischio, in particolare di credito, se ciò contribuisce, nelle diverse fasi, dall’erogazione al monitoraggio e alla diversificazione del portafoglio, a rendere più efficace ed efficiente la stessa attività creditizia.
Se è innegabile che ciò comporti profondere un impegno, con inevitabile impatto sui costi, verso mutamenti sul piano organizzativo ed operativo è anche indubbio che si perverrà a ridurre i tempi di percezione dei segnali di difficoltà dei prenditori e ad ampliare, di conseguenza, i margini per l’adozione di misure atte a circoscrivere lo stato di crisi del debitore e a contenere le ripercussioni sulla banca e quindi sul sistema nel suo complesso.
E’ probabile inoltre che questa spinta verso una più accentuata professionalità nella gestione del credito acceleri sia l’ormai consolidata tendenza alla specializzazione nei diversi segmenti di mercato e di prodotto, sia l’adozione di una più appropriata politica di pricing, sia, soprattutto, l’esercizio, da parte del sistema bancario, di quella funzione di indirizzo degli investimenti del tessuto economico-imprenditoriale che molto può contribuire a massimizzare le potenzialità di crescita del paese e a contenere l’entità delle crisi settoriali. Assisteremo inoltre ad un’auspicabile proliferazione degli interventi dei consorzi che prestano garanzie per i loro associati ed ad un probabile graduale aumento delle forme di credit insurance.
Le banche di medio piccole dimensioni dovranno dotarsi di processi di valutazione qualitativa del merito creditizio assai più affinati, valutare come porsi verso le nicchie di mercato divenute ormai meno attrattive per istituti maggiori, evitando di trasformarsi in bad debt companies, minaccia per la loro stessa sopravvivenza e per la stab