La Suprema Corte e la circolazione dei (tanti, o quanti...) beni di provenienza donativa o successoria: quando la cura è (gran) peggio del male
Con la pronuncia in commento la S.C. afferma che ove al momento della stipula del contratto preliminare di compravendita il promittente venditore non abbia dato atto della provenienza donativa del bene (circostanza che può non venire percepita come rilevante e degna di nota, almeno dal contraente medio non giurista), allora il promissario acquirente potrà invocare la tutela dilatoria di cui all’art. 1460 c.c. e rifiutarsi di stipulare (per quanto tempo?) il definitivo. Questo perché, in un eventuale ed incerto futuro, una volta aperta la successione del donante, il bene donato potrebbe essere recuperato dal legittimario del donante, che abbia fruttuosamente esperito l’azione di riduzione. Lo scritto analizza le (molte) ragioni di dissenso dalla soluzione prospettata, che rischia di compromettere non poco la già difficoltosa circolazione dei beni coinvolti (già o in futuro) in successioni.