L'emorragia cerebrale (ICH), responsabile del 10-15% di tutti gli ictus, presenta ancora elevati tassi di morbidità e mortalità. Diversi fattori potrebbero spiegare la prognosi sfavorevole di alcuni pazienti con ICH: il volume dell'emorragia, il risanguinamento, l'aumento della pressione intracranica e il possibile danno neuronale nella regione periematoma. Da tempo si dibatte inoltre, circa l'esistenza, la fisiopatologia ed il ruolo nella zona periemorragica di un'area di ipoperfusione che potrebbe giustificare la prognosi sfavorevole in un sottogruppo di questi pazienti. La nostra ipotesi fisiopatologica è che nei pazienti affetti da emorragia cerebrale intraparenchimale, il cortisolo (prodotto dall'attivazione stress mediata dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene), in concerto con l'irritazione diretta da parte del sangue, potrebbe stimolare la produzione locale di Endotelina 1 (ET1), un potente vasocostrittore endogeno, a scapito dell'ossido nitrico (NO), una sostanza vasodilatatrice. Questo fenomeno potrebbe causare vasocostrizione delle arteriole periematoma, caduta del flusso cerebrale (CBF) e, insieme alla riduzione aggressiva della pressione arteriosa, pratica clinica comune in questi pazienti, peggiorare il CBF fino all'ischemia cerebrale. Attraverso uno studio prospettico osservazionale, verranno arruolati pazienti con ictus emorragico (entro 6 h dall'esordio dei sintomi) con valutazione alla RMN encefalo multimodale 1.5 T, del volume dell'ematoma, dell'eventuale presenza di aree di ipoperfusione e di ischemia periematoma (in acuto ed entro 48-72 h dall'esordio dei sintomi) e come queste si correlino con i livelli di ET1 e NO. Verranno inoltre dosati cortisolo plasmatico e markers di stress ossidativo. ET1, NO, cortisolo e markers di stress ossidativo verranno dosati in una coorte di pazienti sani appaiata per sesso ed età.
Scopo di questo studio è quello di indagare indirettamente, nell'uomo, in vivo, i meccanismi fisiopatologici che sottendono la comparsa di una zona di ipoperfusione periematoma cerebrale e, in un sottogruppo di pazienti la comparsa anche di aree ischemiche, possibile causa di evoluzione sfavorevole in termini prognostici.
Nonostante gli sforzi volti a cercare di ottimizzare i possibili interventi terapeutici nei pazienti colpiti da emorragia cerebrale, ad oggi le strategie a disposizione per migliorare l'esito clinico non risultano risolutive e gran parte dei meccanismi sottesi al danno neuronale secondario che ne consegue rimangono controversi.
È oggetto di dibattito l'eventuale esistenza di una penombra periemorragica, potenziale bersaglio terapeutico nella gestione dell'evoluzione in senso di danno ischemico e rappresentano un'interessante sfida nel tentativo di chiarire come si estrinsechi a livello molecolare la cascata di eventi del danno che giustifica una prognosi peggiore dal punto di vista clinico. Questo studio mira a offrire un contributo nella definizione del danno neuronale secondario.
L'identificazione nell'endotelina-1 di un potenziale marker predittivo di quel sottogruppo di pazienti ad andamento sfavorevole, potrebbe rappresentare un valido strumento a sostegno del clinico nel migliorare la stratificazione dei pazienti e conseguente individualizzazione delle strategie terapeutiche attualmente a disposizione.