Da tempo è noto che gli ecosistemi cambiano nel tempo, ma a certe scale di osservazione mostrano caratteristiche che tendono ad uno stato di equilibrio. Lo stato di equilibrio di un ecosistema è delicato e può modificarsi in modo improvviso o graduale a causa di fattori o eventi stocastici, ripetitivi o costanti. I termini più comunemente usati in ecologia per denotare tali fattori o eventi sono disturbo (disturbance), perturbazione (perturbation) e stress (qui abbreviati DPS). Negli ultimi decenni, la definizione di ognuno di questi termini è stata oggetto di controversie in campo ecologico e molto meno in quello paleoecologico. L'intensità con cui alle varie scale temporali tali fattori agiscono è variabile. Tali termini si ricollegano a concetti ad ampia valenza in ecologia, come la stabilità e l'equilibrio.
Il registro fossile e il cosiddetto cambiamento globale in atto testimoniano inoltre l'esistenza di rari eventi a grande impatto sugli ecosistemi, comunemente noti come crisi biologiche o estinzioni globali o di massa, che esulano dal concetto di DPS.
Paradossalmente, nel registro fossile i casi di ambienti soggetti a DPS sono assai comuni.
Ad es., ben documentati nel registro sedimentario sono ambienti in cui i tassi deposizionali sono sostanzialmente nulli, a cui spesso fanno riscontro cospicui fenomeni di trasporto e depocentri differenti rispetto agli ambienti di vita dei biota che li abitano. Comuni sono anche le testimonianze di paleoecosistemi a bassissima diversità, o ad elevata energia e substrati mobili (per es., banchi ad ooliti).
Il progetto si propone unire sotto un ombrello teorico comune, rappresentato dallo stress ambientale in biota marini e continentali fossili ed attuali, ricerche che poggiano su competenze specifiche dei proponenti in vari campi della paleontologia attraverso esempi selezionati nel registro fossile con corrispettivi attualistici.
Il raffronto tra la letteratura ecologica e quella paleontologica rispetto agli ecosistemi interessati da fattori di disturbo, perturbazione e stress (DPS) rispetto a quella paleontologica ne evidenzia la sostanziale differenza. In particolare, alla corposa analisi teorica, contraddistinta da dibattiti talora animati, e di laboratorio sugli effetti dei DPS su taxa ed ecosistemi attuali non fa riscontro un paragonabile sviluppo in campo paleontologico. Solo in parte tale discrepanza può essere ricondotta all'ovvia impossibilità di eseguire analisi di tipo genetico, genomico e proteomico in campo fossile. Una ragione che appare plausibile è che invece almeno gli sviluppi concettuali dell'ecologia sui fattori di DPS e i loro effetti rimangano ancora largamente ignorati in campo paleoecologico.
Una disamina dei vari modelli teorici proposti, come quello già citato di Odum (1985), e la loro applicazione in campo paleontologico almeno per numerosi degli aspetti previsti da tali modelli sembrerebbe utile per rendere più robuste le interpretazioni del registro fossile. Sorprende invece il fatto che il registro fossile, soprattutto nei casi in cui esso è relativamente completo, potrebbe permettere, grazie alle sue scale temporali estremamente più lunghe di quelle indagate in ecologia, di testare numerosi assunti dei modelli attualistici verificandone la validità, e che ciò non sia ancora avvenuto in modo cospicuo.
Negli ultimi decenni, tuttavia, esiste un numero crescente di lavori in ambito internazionale che utilizza evidenze attualistiche di DPS trasferendole all'interpretazione del registro fossile. In particolare, vi è la ricerca di tracers e proxies di indicatori di DPS in ambito fossile. Un esempio è il collegamento tra taglia ridotta e presenza di metalli pesanti evidenziata sperimentalmente in coccolitoforidi e analoga crescita ridotta di coccoliti del Cretaceo, in cui l'elevato input vulcanico negli oceani determinò negli oceani l'aumento dei metalli pesanti, anossia, eutrofizzazione e aumento di CO2 (Faucher et al., 2017).
Lo studio delle tematiche proposte, l'approccio metodologico utilizzato ed i risultati attesi dal progetto sono di novità e interesse scientifico in quanto sono ancora poco conosciuti gli effetti di condizioni di stress ambientale sulle comunità bentoniche meso-cenozoiche e continentali mesozoiche.
La scarsità di studi di dettaglio su ecosistemi fossili soggetti a DPS fanno di questa ricerca un sicuro avanzamento nelle conoscenze per l'elaborazione di modelli utili nelle ricostruzioni paleoambientali e nell'elaborazione di scenari futuri per quanto concerne l'acidificazione, l'eutrofizzazione e il riscaldamento globale degli oceani sia legati all'impatto antropico che di origine naturale.
L'utilizzo delle associazioni a foraminiferi è già stato sperimentato negli studi di carattere ambientale, dando ottimi risultati e riconfermando la loro potenzialità in un vasto range di applicazioni dal record fossile all'attuale. Tuttavia l'uso di questi protisti come indicatori ecologici in ambienti stressati rappresenta una sfida rilevante ed innovativa se ad esso viene associato lo studio dei crinoidi e dei cefalopodi.
Infine un altro elemento di innovazione, rispetto agli studi già effettuati in ambito nazionale ed internazionale, è l'uso di tecniche come micro-FTIR e Laser Ablation nello studio dei gusci di foraminiferi fossili ed attuali. Ad oggi infatti, non si hanno ancora molte conoscenze riguardo i meccanismi che inducono i processi di biomineralizzazione e di come determinati elementi di origine naturale o antropica possano partecipare alla costruzione dei gusci e nei processi metabolici della cellula. L'acquisizione dei dati quantitativi e qualitativi andrà ad implementare il database che da oltre dieci anni è in essere ad opera del gruppo di paleontologia della Sapienza.
Bibliografia essenziale
Faucher G., Hoffmann L., Bach L.T., Bottini C., Erba E. & Riebesell U. 2017. Impact of trace metal concentrations on coccolithophore growth and morphology: laboratory simulations of Cretaceous stress. Biogeosciences 14:3603¿3613.