Progettista e professore presso la Sapienza di Roma, Francesco Berarducci è una personalità chiave del secondo Novecento italiano che ancora non ha trovato la giusta e meritata collocazione all'interno della storia dell'architettura. La sua capacità di creare uno stretto legame tra speculazione teorica, disegno, progetto e costruzione rendono la sua poetica di particolare interesse per ricercatori e progettisti contemporanei. Il suo archivio in gran parte ancora inedito, custodisce scritti e disegni di pregevole qualità tecnica che si rivelano fondamentali per ricostruire il legame tra teoria e prassi che caratterizza il suo modo di fare architettura.
In particolare, la presente proposta di avvio alla ricerca vuole porre in evidenza lo stretto rapporto che congiunge il progetto delle sue tre chiese ai modelli urbani che sperimentava mediante il suo lavoro di ricercatore. Tale lavoro è deducibile in parte dai suoi scritti, alcuni dei quali mai pubblicati come il manoscritto dal titolo "La città smarrita. Tra le macerie della città radiosa" ma soprattutto dal numero cospicuo di schizzi e disegni attraverso cui indagava proposte di impianti di città di assoluta novità.
Le chiese di Nostra Signora di Bonaria (1967-1982) a Roma nel quartiere di Ostia progettata in collaborazione con Giorgio Monaco e Giuseppe Rinaldi, di Santo Stefano Protomartire (1970-2000) a Quartu Sant'Elena (CA) e di San Valentino (1979-1985) nel Villaggio Olimpico a Roma saranno ricostruite nel loro iter compositivo per manifestare la loro derivazione da un impianto urbano e comprendere il loro rapporto con le città in cui sono state costruite. Ciò consentirà di portare alla luce la qualità del lavoro di Francesco Berarducci poco studiato e approfondito e poter trarre alcuni prototipi di chiesa che possano contribuire a dare linfa al vuoto teorico di cui è interessato il tema del rapporto tra l'organismo complesso del centro parrocchiale e la città contemporanea.
Portare alla luce parte dei disegni dell'archivio personale di Francesco Berarducci, si rivela autonomamente un avanzamento della ricerca in ambito architettonico per la loro qualità intrinseca e per il loro utilizzo come strumento di indagine e di interpretazione di realtà esistenti o utopiche. Non solo, per quanto puntuali siano le considerazioni rintracciabili dalle fonti bibliografiche disponibili, risulta senza dubbio inedita una critica approfondita ma di ampio respiro che riesca a mettere in risalto il filo conduttore che lega il pensiero di Berarducci sulla città fino al progetto esecutivo e più nello specifico la visione delle sue chiese come applicazione di modelli urbani. Inoltre, dal punto di vista della comprensione del nuovo ruolo dei centri parrocchiali all'interno della città contemporanea la risposta di Berarducci risulta senz'altro un unicum non solo della seconda metà del Novecento, ma anche considerando gli esempi relativi ai giorni nostri. Egli infatti comincia a progettare le sue chiese negli anni immediatamente successivi al Concilio Vaticano II ma prima della messa a punto del vademecum contenuto nella "Nota Pastorale sulla Progettazione delle nuove chiese" del 1993 in un momento fondamentale di rinnovamento della Chiesa tutta. Le risposte sul piano dell'impianto liturgico sono copiose e, per quanto non del tutto risolte, presentano una vasta gamma di soluzioni che la ricerca e la produzione architettonica hanno tentato di dare. Contrariamente il nodo della relazione tra chiesa e città risulta ancora non sciolto. Ricostruire la reale configurazione delle le chiese di Berarducci mediante una ricerca nel suo archivio ancora inedito restituisce un quadro completo della composizione architettonica di questi centri parrocchiali e consente di poter estrapolare dei modelli progettuali utili a chi disegna oggi nuovi edifici per il culto. Infatti dallo studio accurato dei suoi disegni si può riscontrare un'interpretazione originale di categorie tipologiche consolidate (il sagrato, il campanile¿), si comprende un'indagine sulla comunicatività della forma architettonica depurata da allegorismi ormai obsoleti e si desume una capacità di produrre edifici fortemente radicati nel loro contesto pur permanendo delle eccezionalità che funzionano da riferimenti urbani.
In ultima istanza, per il ruolo che ha avuto Francesco Berarducci come progettista romano e come docente e quindi ricercatore di progettazione architettonica all'interno della facoltà di architettura della Sapienza di Roma, è fondamentale procedere alla pubblicazione dei suoi disegni e scritti e a una ricostruzione del suo pensiero per poter dare il rilievo che merita all'interno della storiografia architettonica contemporanea.