
Seppure versato in molte scienze come si conveniva ad un aristocratico, il forlivese Cavaliere frà Giuseppe Merenda (1687-1767) preferì tuttavia concentrare i propri interessi nell'approfondimento e nell'esercizio della pratica architettonica in quanto funzionale ai doveri di un nobile impegnato nell'amministrazione della propria comunità. La sua attività spaziò quindi dalla progettazione di nuove fabbriche di pubblica utilità (es. l'ospedale locale, dal 1723) al rinnovamento di diversi luoghi di culto (es. la chiesa del Carmine, dal 1735, e la chiesa di Santa Teresa, dal 1732). Obiettivo era un ammodernamento delle strutture cittadine, espressione del prestigio e della modernità della collettività nonché mezzo di emancipazione rispetto agli altri centri della provincia. In tal senso, la preliminare preparazione locale ma soprattutto il successivo perfezionamento romano costituirono il quid necessario per lo sviluppo settecentesco di Forlì, impostato sulla recezione, comprensione e traduzione in termini locali dei modelli del Barocco formatisi nella Capitale pontificia.
Con tali premesse, il ritrovamento (2013) di un album di disegni presso il Centro Canadese d'Architettura di Montreal (CCA) - in parte pubblicato ma non ancora approfondito in diversi e più aspetti - resta oggetto di massimo interesse, in quanto potrebbe contribuire a chiarificare l'effettivo ruolo di tramite ricoperto dall'architetto nel contesto romagnolo del XVIII secolo in relazione al mondo accademico capitolino. Infatti, la portata della sua influenza potrebbe trovare nuovi sviluppi attraverso lo studio analitico del corpus di fogli che - per quanto attualmente noto - sembrano riguardare sia cantieri generalmente già attribuitegli dalla tradizione sia nuovi progetti rimasti fino ad oggi ignoti.
La ricerca si pone come obiettivo quello di riorganizzare il quadro delle conoscenze inerentemente uno degli operatori principali attivi nella Legazione di Romagna in epoca tardobarocca - ovvero Giuseppe Merenda - attraverso l'analisi scrupolosa del suo corpus di disegni. In tal modo, non solo si accrescerebbe la conoscenza artistica di una di una delle più importanti regioni dello Stato Pontificio, benché remota, ma allo stesso tempo si perverrebbe ad una maggiore consapevolezza delle relazioni esistenti e delle reciproche influenze fra i diversi centri della nazione nonché dei canali di diffusione del linguaggio barocco nel XVIII secolo.