
In seguito ai recenti eventi sismici del centro Italia (24 agosto/30 ottobre 2016, 18 gennaio 2017) ci si trova per l'ennesima volta di fronte ad un serio danneggiamento del patrimonio culturale.
La chiesa di Santa Maria Argentea a Norcia fa parte di questo panorama di danno. Costruita tra il 1560 e il 1570 per volere del pontefice Giulio III (le fonti riportano da mastro Bastiano Perosino) a seguito della demolizione dell'antica pieve di S. Maria e del palazzo del Podestà (1554) per l'edificazione della Castellina (opera del Vignola), è stata da sempre danneggiata da eventi sismici nell'arco dei secoli. I principali dei quali (1703, 1730, 1859, 1979 e 1997) hanno inciso considerevolmente sulla storia costruttivo-strutturale della fabbrica. Edificio fondamentale per la comunità non solo locale, ma territoriale (oggi è la concattedrale della Diocesi di Spoleto-Norcia), rappresenta uno degli elementi identitari della città fortemente danneggiato dai recenti terremoti, che però deve essere conservato nella sua autenticità storico, materica e strutturale.
La presente situazione di emergenza e criticità offre tuttavia un'opportunità unica di indagine della fabbrica a carattere multidisciplinare: un percorso metodologico in cui la correlazione tra le fasi conoscitive, dalla storico-costruttiva passando per quella della consistenza dello stato di fatto, alla comprensione strutturale, possano sintetizzarsi in un giudizio critico utile per la delineazione di un approccio operativo. Una ricerca in cui la disciplina del restauro può contribuire a definire strumenti e metodi di conoscenza della fabbrica storica utili alle considerazioni di carattere strutturale, favorendo una correlazione consapevole tra le problematiche storico-costruttive e quelle della sicurezza.
La delineazione di un quadro conoscitivo esaustivo dello sviluppo storico-costruttivo dell'edificio, attraverso l'analisi e l'integrazione critica delle fonti dirette ancora inedite (documentazione conservata all'Archivio Diocesano e di Stato di Spoleto e Norcia, quest'ultimo confluito per motivi d'emergenza a Spoleto) di quelle indirette (per esempio, ma non solo, i lavori di P. Pirri ed E. Severini) con il dato materiale riscontrabile in loco, rappresenta un momento metodologico fondamentale e propedeutico a qualsiasi successiva considerazione di natura operativa, finora mai effettuato. A seguito di una prima disamina delle fonti reperite si è evidenziata la necessità di procedere ad un ulteriore studio più approfondito e dettagliato, che vada ad analizzare in maniera puntuale e tecnica le fasi di sviluppo della chiesa, strutturando e organizzando scientificamente la mole di informazioni che al momento risultano frammentarie e poco dettagliate. In particolare si è interessati ad approfondire maggiormente le trasformazioni subite dalla fabbrica in seguito ai sismi del XVIII, XIX e XX secolo, nodo conoscitivo centrale per comprendere il comportamento strutturale della fabbrica.
Inoltre lo studio che si vuole svolgere a livello comparativo con altre chiese coeve sul territorio, permetterebbe di ampliare il panorama della storia dell'architettura religiosa umbra, ancora così poco indagata nelle sue realizzazioni del XVI secolo, fornendo ulteriori informazioni utili alla comprensione morfologico-spaziale del manufatto che presenta caratteristiche particolari (abside poligonale, mancanza di transetto). La possibilità di verifica diretta sull'edificio delle informazioni storiche reperite e delle conseguenti sintesi critiche rappresenta un'occasione unica di confronto e vera comprensione della realtà morfologica, costruttiva, strutturale e materica della chiesa.
Ulteriore elemento innovativo, da attuarsi nelle preliminari fasi utile per le valutazioni del secondo momento operativo e per la delineazione di linee metodologico-operative, è la possibilità di poter approfondire l'aspetto materico e tecnico-costruttivo della costruzione, anche da un punto di vista prestazionale, per fornire una valutazione della qualità muraria che concorrerebbe al giudizio valutativo finale dell'intero organismo, andando ad ampliare (per quanto possibile in aderenza con le istanze conservative) quel panorama di sperimentazioni condotte nella regione in seguito al sisma del 1997.
Lo studio mira, in seguito all'interpretazione del comportamento strutturale della fabbrica e del suo stato di danneggiamento, a proporre una linea metodologica di intervento che sia critica e rispettosa della memoria storica del territorio e dell'architettura, conservandone i valori caratteristici. Il problema delle lacune e del danno verranno affrontate secondo un approccio del restauro che si ponga come un atteggiamento culturale nei confronti della preesistenza, tentando di proporre soluzioni che instaurino una dialettica antico-nuovo, attraverso soluzioni di integrazione critica che non si esauriscano nel banale ripristino.
In conclusione questo studio si inserisce all'interno della complessa problematica di contemperare le istanze conservative e quelle di sicurezza su un patrimonio culturale pesantemente danneggiato dal sisma e non pretende di proporre soluzioni esaustive, ma di rappresentare un ulteriore tassello conoscitivo e sperimentale di approccio alla tematica in relazione al territorio nursino, auspicando che possa essere utile per lavori futuri, evitando, come purtroppo invece si vede ad ogni nuova situazione di emergenza, di riiniziare il lavoro di ricerca da capo.