Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_2001191
Anno: 
2020
Abstract: 

Con l¿adozione del nuovo codice della crisi d¿impresa (in vigore dal 1° settembre 2021), il legislatore ha riformato in modo organico le procedure concorsuali in ambito civilistico-commerciale, lasciando invece i reati fallimentari sostanzialmente immutati (nella loro matrice ottocentesca), tranne che per i necessari adattamenti lessicali.
Ciò ha dato luogo a una divaricazione sempre più ampia tra il diritto penale fallimentare e il suo substrato civilistico, costituito ormai dal nuovo codice della crisi. Quest¿ultimo provvedimento legislativo si basa, in estrema sintesi, su una logica non più liquidatoria, bensì volta all¿emersione tempestiva della crisi e alla conservazione dell¿azienda e dei livelli occupazionali.
L¿obiettivo primario del progetto è di prospettare una riforma organica dei reati di bancarotta per riallinearli al nuovo volto del diritto delle procedure concorsuali scaturito dal codice della crisi, nonché al contenuto più recente dei principi penali costituzionali di offensività e colpevolezza.
Per raggiungere l¿obiettivo di ammodernare i delitti di bancarotta e renderli omogenei rispetto alla nuova fisionomia delle procedure concorsuali, appare opportuno muovere dallo studio dei modelli di tutela impiegati dal legislatore del ¿42 (legge fallimentare) per configurare le figure di bancarotta: il modello tradizionale di illecito di pericolo e il modello più recente di illecito di danno. Altro tema fondamentale che si vuole approfondire è costituito dal nuovo assetto che scaturisce, a seguito del codice della crisi, nei rapporti fra le figure di bancarotta che hanno quale presupposto l¿insolvenza (es. bancarotta da liquidazione giudiziale) e le ipotesi di bancarotta che si fondano sullo stato di crisi (es. bancarotta da concordato preventivo). Senza tralasciare infine le vetuste fattispecie di bancarotta semplice di natura colposa e di bancarotta societaria preterintenzionale non più adeguate ai canoni costituzionali di colpevolezza e offensività.

ERC: 
SH2_4
SH1_4
SH1_13
Componenti gruppo di ricerca: 
sb_cp_is_2535382
sb_cp_is_2544004
sb_cp_is_2543340
sb_cp_is_2522931
Innovatività: 

L¿intera disciplina del diritto penale fallimentare deve dunque essere ripensata, non solo per renderla nuovamente in perfetta simmetria con il suo substrato civilistico oggi costituito dal nuovo codice della crisi, il quale rappresenta indubbiamente il suo presupposto logico-giuridico, ma anche per conformarla ai principi penali costituzionali di offensività e colpevolezza.
In questo senso, lo studio dei modelli di incriminazione diventa lo strumento principe per avanzare proposte concrete nell¿eventuale ripensamento di tale materia. In quest¿ottica, appare necessario portare a compimento una riforma complessiva volta a condurre ad unità e coerenza i modelli di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Invero, l¿attuale sistema penalfallimentare prevede due modelli di tutela tra loro contrapposti: il modello tradizionale di reato di pericolo (concreto) e il modello, di più recente costruzione, delineato sul reato di danno. Quanto al primo modello, emblematica è la fattispecie prevista dall¿art. 216, comma 1, n.1, l. fall. (nonché dall¿art. 223, comma 1, l. fall. in forza del rinvio effettuato ¿ai fatti preveduti nell¿art. 216¿), in cui è assente l¿evento dannoso del dissesto/insolvenza dell¿impresa e, conseguentemente, il nesso causale tra quest¿ultimo e le condotte distrattive. Viceversa, il paradigma del modello di danno è riscontrabile, a seguito della modifica intervenuta nel 2002, nel delitto di cui all¿art. 223, comma 2 n. 1, l. fall., in cui si prevede espressamente il nesso eziologico tra i reati societari e il dissesto della società, positivizzato espressamente mediante l¿espressione «hanno cagionato o concorso a cagionare». La coesistenza di tali opposti modelli di tutela si rinviene, dunque, anche nella medesima disposizione, in due commi diversi: al comma 1 dell¿art. 223 l. fall. la bancarotta fraudolenta impropria è costruita come reato di pericolo; al comma 2, n.1 dell¿art. 223, la bancarotta impropria da reato societario costituisce, invece, un¿ipotesi di reato di danno.
L¿asimmetria relativa al grado di offesa da accordare alle diverse incriminazioni di bancarotta fraudolenta rischia, in particolare, di condurre a soluzioni esegetiche oscure se non addirittura in contrasto con il dato positivo attuale. Per tale ragione, appare necessario prospettare un¿unificazione dei modelli dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, preferendo in tal caso il modello di reato di danno al fine di evitare problemi di conformità ai principi di offensività e di colpevolezza, nonché al fine di predisporre una tutela proporzionata ed effettiva al patrimonio posto a garanzia dei creditori nei casi in cui sia leso da condotte particolarmente gravi.
Occorre, infine, superare l¿anacronistico modello della ¿bancarotta semplice¿ (patrimoniale e documentale), che rinviene il suo tratto distintivo rispetto alla ¿bancarotta fraudolenta¿ nella natura colposa delle sue ipotesi. Tali figure criminose possono essere ricondotte, per un verso, nell¿alveo dei delitti dolosi di danno lì dove appare possibile; altrimenti, andrebbero eliminate per confluire così in paradigmi di responsabilità di altro genere.
La necessità di un impellente ripensamento della intera materia, inoltre, è indotta dalla straordinaria situazione di crisi sanitaria ed economico-finanziaria che il nostro Paese, insieme a molti altri, sta attraversando. Di estrema attualità, invero, si mostra il tema del nuovo d.l. n. 23 del 2020 (conv. in l. n. 40 del 2020, c.d. Decreto Liquidità) con riferimento al paventato ¿Scudo penale per le banche¿. In pratica, per sostenere le piccole e medie aziende (ma anche quelle più strutturate con possibilità di accedere ad ingenti fondi), il Governo ha deciso di immettere liquidità per le imprese mediante l¿intermediazione degli istituti di credito. Il d.l. 23/2020 prevede, infatti, l¿adozione, da parte degli istituti bancari, di procedure finalizzate ad una rapida erogazione di prestiti garantiti dallo Stato. La peculiarità, invero, risiede proprio nelle modalità che vengono chieste agli istituti di credito: tali finanziamenti devono avvenire in assenza di una accurata valutazione preliminare del merito di credito delle imprese che chiedono tali erogazioni. Poste innanzi a simile prospettiva, gli istituti bancari sono rimasti sostanzialmente inerti, in attesa di ricevere coperture legislative soprattutto di natura penale. È proprio, lungo siffatto crinale, che si è evocato da più parti la possibilità di prevedere uno ¿scudo penale¿ per le banche con riferimento a tali attività di erogazione di prestito. In altri termini, gli istituti di credito vogliono mettersi al riparo dai rischi che ritengono più probabili. In particolare, da un punto di vista astratto, gli operatori bancari potrebbero essere chiamati a rispondere del concorso in taluni reati di bancarotta.

Codice Bando: 
2001191

© Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma