La suicidarietà andrebbe considerata, in una cornice non semplicistica, come il prodotto finale dell¿ interazione fra diversi fattori quali motivazioni, emozioni e condizioni interpersonali. Se la ricerca ha indirizzato numerosi sforzi al tentativo di individuare il contributo di diversi fattori di rischio, la letteratura è carente quando si tratta dell¿indagine delle motivazioni al gesto suicidario: le motivazioni suggerite dalle differenti teorie sul suicidio sono state infatti raramente oggetto di indagini empiriche. I pochi strumenti esistenti indagano la motivazione suicidaria ad un livello self-report, manca dunque una valida misura complessiva che permetta ulteriori valutazioni oggettive e guidi gli esperti nelle indagini motivazionali, necessarie per garantire una miglior comprensione e migliori terapie per i pazienti. Di conseguenza, il presente progetto si propone di accertare l¿attendibilità e l¿affidabilità statistica dell¿Intervista Motivazionale per la Suicidarietà, un¿intervista clinica semistrutturata clinician-report utile a indagare le motivazioni sottostanti l¿ideazione e il comportamento suicidari, indagandone le proprietà psicometriche. Lo strumento si compone di 7 aree: 1) tentativi derivati dalla presenza di malattia. Sotto-aree: psychache, incurabilità; 2) Presenza cronica di criticismo pessimistico interiorizzato. Sotto-area: Perfezionismo; 3) Eventi di vita che rappresentano minacce alla coesione dell¿identità o allo status personale 4) Area relazionale. Sotto-aree: Influenza interpersonale; Ricerca di Aiuto; Sentirsi un peso; Ostacoli nell¿appartenenza; 5) Senso di sconfitta e d¿intrappolamento. Sotto-aree: Fantasia di fuga; Problem-solving; 6) Casi estremi o inusuali: Sotto-aree: Casi estremi; Casi Atipici; 7) Area del discontrollo. Sotto-aree: Impulsività; Assenza di paura.
Saranno successivamente indagate le associazioni fra le aree della MIS e il rischio suicidario, inteso come intensità dell¿ideazione e letalità del gesto.
Allo stato attuale, non siamo a conoscenza della presenza di un¿intervista sistematica specificatamente orientata alla raccolta d¿informazioni sulle motivazioni al suicidio, né di uno strumento che raccolga in sé tutta una serie di aree specifiche considerate nella lettura clinica ed empirica a tema suicidario. Informazioni più dettagliate riguardo le motivazioni non solo dei tentativi di suicidio, ma anche dell¿ideazione suicidaria in adolescenza, dovrebbero orientare i clinici nel prendere decisioni riguardo questa delicata popolazione: l¿inclusione di categorie che si possano riferire anche alle motivazioni che sostengono l¿ideazione può permettere di ricavare dall¿indagine motivazionale dei predittori di rischio, soprattutto se si considera la maggior ricchezza d¿informazioni che è in grado di fornire un¿intervista semi-strutturata compilata da un esperto e non soggetta quindi ai tipici bias che uno strumento self-report inevitabilmente riporta, specie in casi così delicati e passibili di distorsioni della capacità di rispondere di sé. Inoltre, è possibile che per gli adolescenti l¿esperienza stessa di affrontare un colloquio che li orienti attraverso il delicato tema delle motivazioni sia di per sé clinicamente significativa e ad un certo livello strutturante rispetto ad un¿esperienza che troppo spesso resta relegata in una dimensione dissociativa. Di conseguenza il clinico può trarre vantaggio dal condurre un¿indagine strutturata consentendo al paziente di esprimere in forma di narrazione contenuti rilevanti nelle fasi successive al gesto, permettendo l¿intervento direttamente in fase acuta ritenuto fondamentale per la prevenzione ed elaborazione di un¿esperienza dalla valenza altamente traumatica per il paziente. In tal modo, agli scopi di ricerca e quantificazione dei dati si sposa una potenzialità squisitamente clinica. Attualmente, la maggior parte della ricerca si concentra sull¿individuazione di fattori di rischio psicopatologici o stressor precipitanti che, pur essendo tasselli fondamentali del processo suicidario, dicono poco sulla fenomenologia dei vissuti del soggetto: non indagare in maniera sistematica le motivazioni equivale a perdere un altro tassello fondamentale del puzzle, perdendo di conseguenza un¿importante chance di portare avanti la ricerca verificando il ruolo che i fattori di rischio psicopatologici hanno nella strutturazione del pensiero suicidario a livello di motivazione, ossia osservando come i fattori psicopatologici plasmino forme specifiche di motivazione. Inoltre, i clinici potrebbero trarre beneficio da una migliore comprensione della relazione fra le ragioni per cui gli adolescenti tentano il suicidio e il loro funzionamento psicologico: è possibile che il profilo psicologico di un adolescente che tenta il suicidio per scappare da un dolore insostenibile sia profondamente differente da quello di un adolescente la cui motivazione è di influenzare gli altri, e che di conseguenza tanto la presa in carico, quanto gli interventi successivi, risulterebbero di migliore riuscita tenendo conto di questi aspetti. Inoltre, riuscire ad individuare motivazioni che si associno ad un¿ideazione più intensa o a tentativi più letali può risultare centrale in un¿ottica di prevenzione e valutazione del rischio, fondamentali quando si lavora sulla salvaguardia della sopravvivenza individuale.