La ragionevole inappellabilità delle condanne per il pubblico ministero
Osservazioni a Corte cost. 20 febbraio 2020, n. 36
Osservazioni a Corte cost. 20 febbraio 2020, n. 36
La concentrazione in capo agli uffici inquirenti dislocati presso il capoluogo del distretto delle attività investigative in materia di criminalità organizzata, voluta dalla L. 20.1.1992 n° 8, ed estesa dalla L. 17.4.2015 n. 47 ai delitti aggravati dalla finalità di terrorismo, rende meno probabile l’eventualità che anch’essi possano restare coinvolti in contrati positivi e negativi con riferimento alle fattispecie criminose indicate dai c. 3-bis e 3-quater dell’art. 51.
Nell’impostazione originaria del codice non era previsto un conflitto positivo tra PM.
Il D.L. 20.11.1991, n° 367 convertito in L. 20.1.1992, n° 8 ha imposto un generale divieto acché più procure investighino sul medesimo fatto (da intendersi come l’elemento materiale del reato) posto a carico della stessa persona (identità soggettiva che, secondo l’interpretazione corrente, verrebbe meno ogni qual volta vi sia coincidenza solo parziale dei soggetti indagati da parte degli uffici inquirenti).
La carenza di legittimazione del PM produce conseguenze differenti, a seconda che si tratti di "agire” ovvero di “indagare”. Nel primo caso il concetto assume un significato forte, che incide negativamente sul potere di incardinare un processo, nel secondo un'accezione debole che si estrinseca in un dovere di astenersi che non determina l’invalidità degli atti compiuti.
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