Tafuri

Non solo Tafuri. Altre voci sulla questione dei nuovi uffici della Camera dei Deputati

Il nome di Manfredo Tafuri è il primo che viene in mente quando si pensa alle vicende romane relative al Concorso del 1967 per i nuovi uffici della Camera dei Deputati. Suo, infatti, è un libro unico nel suo genere: unico tanto nel corpus delle opere tafuriane, perché distante dalla prassi storiografica e legato a doppio filo a un episodio di attualità; ma unico anche nel quadro più generale della pubblicistica relativa ai concorsi di progettazione, quasi sempre redatta nella forma riduttiva del catalogo descrittivo, politicamente corretto ma privo di taglio teorico-critico.

I conti con la storia. Manfredo Tafuri sul concorso per i nuovi uffici della Camera dei Deputati a Roma

Era, Tafuri, un uomo capace di rendere l’agire speculativo intrinsecamente militante, un uomo che vedeva nella storia il filtro attraverso cui rivolgersi al suo tempo, perché il suo tempo era il suo interlocutore e il suo antagonista. Solo se teniamo presente quest’aspetto, che ci restituisce la portata operativa del suo lavoro teorico, possiamo capire il perché di un libro atipico, di un’anomalia all’interno del corpus tafuriano qual è "Il Concorso per i nuovi uffici della Camera dei Deputati. Un bilancio dell’architettura italiana".

Lo storico scellerato

Manfredo Tafuri (1935-1994), architetto e storico dell’architettura è stato una figura di riferimento nel dibattito architettonico e politico a partire dalle rivolte studentesche del ’63 e del ’68. I suoi interessi storici, cui ha dedicato

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