Il presente contributo si propone di mettere in discussione la teoria della medicalizzazione, cercando di integrare la prospettiva teorica della sociologia della salute con quella degli studi su scienza e tecnologia, i quali iniziano ad impiegare il concetto di biomedicalizzazione come estensione della teoria della medicalizzazione a pratiche e forme sociali invischiati in una medicina sempre più tecnologicamente densa. Il ¿bio¿ segnala l¿ampliamento della giurisdizione medica non solo alle malattie o ai disordini, ma al concetto di benessere che, inteso in senso olistico, è al centro di quelle innumerevoli innovazioni e trasformazioni tecnoscientifiche che comprendono le scienze informatiche e le bioscienze, come la genomica, la biologia molecolare e la farmacogenomica, così come le biotecnologie, le nanotecnologie, e le tecnologie mediche incluse quelle di visualizzazione (Clarke et al. 2003). Usare il termine biomedicalizzazione significa sottolineare lo sviluppo di nuove forme di trattamento, organizzazione e cure mediche che permettono e producono nuovi modi di pensare e vivere la vita stessa. Le tecnologie di automonitoraggio stanno diventando sempre più pervasive nei processi di quantificazione e di monitoraggio delle attività e delle esperienze quotidiane. Gli spazi sociali stanno diventando facilmente digitalizzabili e quindi tracciabili, permettendo alle cosidette Big Five (Apple, Google, Windows, Amazon, Facebook) di rendere i comportamenti legati allo stile di vita quotidiano monitorabile sia da parte dei cittadini che da parte delle grandi organizzazioni globali che si occupano di salute. Alla luce di ciò si cercherà di analizzare le interconnessioni tra le Big Five e le organizzazioni sanitarie europee al fine di ricostruire le principali tendenze e tensioni in atto.
In questa prospettiva, gli Feminist Technoscience Studies assumono una posizione di rilevo nel decostruire il carattere patriarcale della scienza medica, recuperando la dimensione materiale del corpo in interconnessione con altri corpi e oggetti, i quali inscrivono e preiscrivono modi di agire maschili e femminili. In questo contesto il processo di medicalizzazione si situa in traiettorie complesse e molteplici in cui le tecnologie intra-agiscono con gli umani in assemblaggi eterogenei. La femminista Karen Barad (2003/2007) propone di usare il termine intra-azione proprio per porre l¿accento sul carattere costruito dei confini tra corpi e oggetti. La novità sta nell¿accento posto sulla locuzione ¿intra¿, che sottolinea la capacità di agire all¿interno piuttosto che tra le relazioni sociali e materiali. Tale cambio di prospettiva diventa importante nell¿analisi di come le tecnologie, sempre più protagoniste della nostra vita, performano la percezione che abbiamo del nostro Sé e degli altri.
A partire da questa prospettiva, la ricerca si propone di analizzare come gli smartphone stanno divenendo degli spazi digiali in cui (e attraverso cui) il corpo è trasformato in flussi di dati digitali.
Adottare l'approccio tipico degli Science and Technolgies Studies (STS) consente di porre l'accento sul carattere tecnologicamente denso della vita quotidiana. Le pratiche quotidiane sono sempre più mediate da dispositivi di self-tracking, e in particolare dalle "app", che rendono il corpo sempre più dataficabile e quantaficabile e quindi analizzabile.
Gi studi sul self-tracking pongono l'accento su come queste tecnologie stiano sviluppando pratiche di (auto)sorveglianza. Il corpo viene oggettivizzato, diventa parte di un progetto estetico in divenire in cui i soggetti possono autosorvegliare il proprio Sè e allo stesso tempo possono essere sorvegliati dal governo e dal mercato (Lupton 2016). In particolare, l'uso di questi dispositivi genera una mole enorme di dati meglio conosciuti come Big-data che possono essere analizzati e utilizzati al fine di creare dei modelli di andamento dei comportamento dei cittadini, predire gusti e scelte e orientarli di conseguenza (Van Dijck 2018; Kintchin 2014).