
Uno dei profili più importanti riguardanti i beni culturali è, senza dubbio, quello relativo alla loro circolazione, in ambito nazionale, comunitario ed internazionale. Quanto alla disciplina nazionale, la legislazione italiana è un esempio di sistema giuridico nel quale i beni culturali sono sottoposti ad una disciplina di protezione altamente articolata: ha costruito un sofisticato sistema giuridico di protezione del patrimonio storico e artistico, basato su procedimenti amministrativi finalizzati a individuare tali beni, controllarne l'uso e limitarne la circolazione. Sul piano internazionale, la c.d. globalizzazione dei mercati ha incrementato le transazioni commerciali di opere d'arte, ponendo diversi interrogativi sulla adeguatezza della disciplina ultrastatale in materia di circolazione illecita e di restituzione di beni culturali. Quanto al diritto europeo, i riferimenti al dato culturale sono molteplici, ma è ancora assente una trattazione organica del tema. Il diritto dei beni culturali sembra, nondimeno, rimanere confinato nelle frontiere nazionali, anche per la difficoltà di disegnare un quadro di interventi dell'Unione adeguati. L'attività normativa di diritto secondario ha avuto come obiettivo quello di conciliare nel mercato interno la libera circolazione dei beni culturali con le esigenze di protezione dei tesori aventi valore artistico, storico o archeologico. Le nuove disposizioni in materia di cultura, confermate dal Trattato di Lisbona, contengono dei limiti precisi che fanno dell'intervento dell'Unione poco più di un sostegno alle già esistenti politiche culturali dei singoli Stati membri. Emerge, quindi, che allo stato attuale la disciplina dell'Unione dei beni culturali non può prescindere dalle legislazioni nazionali, pur emergendo la necessità di una disciplina quanto più uniforme nell'Unione Europea.
Il progetto di ricerca vede impegnati, in una ricerca interdisciplinare, giusprivatisti e giuspubblicisti. Si tratterà dunque di analizzare e studiare il profilo, ampio, della circolazione dei beni culturali, sia sotto il profilo pubblicistico dell'intervento e del ruolo dello Stato nella circolazione dei beni culturali, sia sotto quello privatistico dei numerosi profili problematici sollevati dalla circolazione.
1) La ricerca si pone, come primo obiettivo, quello di analizzare i differenti modelli di protezione del patrimonio storico ed artistico, anche al fine di verificare se e come le due differenti impostazioni, quella del "nazionalismo culturale" (praticato dai c.d. Paesi di origine come Italia, Spagna, Francia, inclini a norme molto restrittive sulla circolazione nazionale ed internazionale dei beni culturali) e quella "dell'internazionalismo culturale" (praticato dai c.d. Paesi del mercato, come gli Stati Uniti, interessati a forme di controllo sulla circolazione più flessibili) abbiano influito sulla circolazione dei beni culturali e delle opere d'arte.
Inoltre, specifica attenzione sarà dedicata al c.d. mercato dell'arte ed al problema dell'autenticità dell'opera d'arte nonché al problema della responsabilità e dell¿attendibilità delle relative expertises e autenticazioni. Si indagherà, in particolare, sul sistema della responsabilità dei soggetti legittimati a rilasciare autentiche ed expertises, con particolare riguardo alla c.d. certificazione indiretta di autenticità, ossia l¿archiviazione dell¿opera o il suo inserimento nel catalogo ragionato d¿autore, da parte di Fondazioni ed Archivi.
2) La seconda parte dello studio sarà dedicata al profilo internazionale. Sul piano internazionale, la c.d. globalizzazione dei mercati ha incrementato le transazioni commerciali di opere d'arte, ponendo diversi interrogativi sulla adeguatezza della disciplina ultrastatale in materia di circolazione illecita e di restituzione di beni culturali. La gran parte dei commentatori osserva che la disciplina internazionale della circolazione e della restituzione dei beni culturali è inefficace e giudizio analogo può esprimersi anche con riferimento alla protezione del patrimonio culturale in caso di conflitti armati. Del resto, i recenti casi di traffico illecito di reperti archeologici tra l'Italia e gli Stati Uniti confermano la necessità di sviluppare soluzioni alternative ai tradizionali trattati. In conclusione, un'efficace regolamentazione in sede internazionale del commercio e della restituzione dei beni culturali richiede l'intervento di numerosi soggetti - non solo gli Stati, ma anche musei e altre istituzioni - e l'adozione di un complesso apparato di regole che vanno dai trattati tra Stati agli accordi tra i soggetti coinvolti.
Obiettivo di questa seconda parte della ricerca sarà allora quello di verificare la possibilità di elaborare mezzi di soluzione alternativi nel fronteggiare interessi globali, eventualmente accordi transnazionali e standard internazionali per i soggetti privati, in particolare i musei.
3) Ultima parte della ricerca è dedicata al diritto europeo. Nell'attuale quadro normativo europeo i riferimenti al dato culturale sono molteplici, ma è ancora assente una trattazione organica del tema e il settore di riferimento è la cultura considerata in senso più ampio, secondo quanto disposto dall'art. 151 del TCE, ora articolo 167 del TFUE.
Il diritto dei beni culturali sembra, nondimeno, rimanere confinato nelle frontiere nazionali, anche per l'evidente difficoltà di disegnare un quadro di interventi dell'Unione adeguati. Le stessa definizione di bene culturale e di patrimonio culturale varia, inoltre, negli ordinamenti giuridici dei singoli Stati membri e si sottrae a qualsiasi forma di armonizzazione, che peraltro lo stesso articolo 167 del TFUE esclude espressamente.
Una vera e propria politica culturale europea va, naturalmente, ben oltre i profili qui esaminati. Le nuove disposizioni in materia di cultura introdotte dal Trattato di Maastricht e sostanzialmente riconfermate dal Trattato di Lisbona contengono dei limiti molto precisi che fanno dell'intervento dell'Unione poco più di un sostegno alle già esistenti politiche culturali dei singoli Stati membri. Emerge, quindi, che allo stato attuale la disciplina dell'Unione dei beni culturali non può prescindere dalle legislazioni nazionali e non ci sono elementi che facciano prevedere, per ora, un cambiamento di questo indirizzo.
In questa terza fase del progetto di ricerca occorrerà verificare in che termini e limiti sia possibile un'opera di armonizzazione delle disposizioni legislative nazionali, là dove vi è una forte resistenza dei singoli Stati ed una tendenza a far valere, ciascuno, la propria legislazione nazionale a scopo protettivo e conservativo del proprio patrimonio.