Il progetto intende riconsiderare la rappresentazione della figura mitica di Salomè nella letteratura, nel teatro e nella musica europea fra Otto e Novecento come simbolo di una crisi e di una reazione critica; obiettivo del lavoro sarà perciò ricostruire i significati sociali e culturali di questa perturbante 'donna nuova' nel momento in cui le certezze idealistiche o positivistiche cedevano davanti a irrazionalismi, esistenzialismi di matrice nietzscheana, negazioni della civiltà in opposte direzioni futuriste o precivili.
Il clima eterogeneo e contraddittorio in cui si prepara il Novecento è estremamente frammentato, è un campo di scontro da cui emerge il nuovo concetto di 'verità fuori della certezza logica' di Karl Jaspers (Della verità. Logica filosofica, 1947), di recente ritematizzato (J. Weiß, Antinomien der Moderne, 1996). In questo contesto matura il superamento dell'estetica naturalistica: nuove poetiche, nuove estetiche, nuove drammaturgie segnano una delle grandi 'crisi' dell'uomo moderno. Il pensiero modernista europeo, nel ripensare la relazione fra vero e falso, bene e male, progresso e regressione, avvia anche un ripensamento delle polarità 'maschile' e 'femminile' e dei loro rapporti reciproci. Il nuovo mito di Salomè si colloca in questa relativizzazione di ogni valore.
L'immagine nuova della donna che si viene delineando già dal secondo Ottocento (complici le nuove acquisizioni medico-scientifiche e i primi traguardi della psicologia del profondo), è uno dei sintomi del senso di paura, di disorientamento e di sgomento dell'uomo di fronte ai sovvertimenti del proprio mondo. In questa cornice emerge la femme fatale, che ha nutrito di sé la produzione artistica e letteraria fra i due secoli. Ed è in questo contesto che il progetto intende collocare il nuovo mito di Salome (e la connessa Salomania), intesa non solo nella sua valenza storico-artistica, ma anche come documento per la storia culturale.
Ai fini di un avanzamento delle conoscenze rispetto allo stato dell'arte e a fronte degli studi concernenti la figura di Salomè, che ad oggi sono stati piuttosto rari e settoriali, la ricerca intende inserirrsi nel filone cosiddetto della New Cultural History, che impiega come strategia deliberata le rappresentazioni artistiche quali documenti per la definizione dei rapporti di forza politici e sociali (Peter Burke, William Sewell, Hayden White).
L'arco temporale preso in esame va dalla fine dell'Ottocento alla prima parte del secolo XX. Si procederà relazionando i diversi ambiti di studio che si sono finora occupati di tale figura, in una prospettiva il cui punto di fuga è la provocatoria rilettura del personaggio biblico da parte di Wilde (1891). Il suo dramma generò scalpore e fu, e ancora lo è, fonte di ispirazione per artisti appartenenti a mondi diversi. Essi devono necessariamente essere messi in relazione tra loro. Un esempio: come si evince da un articolo del 1902 di Enrique Gomez Carillo, amico del drammaturgo irlandese (si cfr. 'The femme fatale: Images, Histories, Context", Helen Hansonm and Catherine O'Rawe, eds., Palgrave, Springer 2010), quando Wilde arrivò a scrivere la Salomè, ben conosceva la tradizione iconografica passata e coeva, tanto che tra le fonti di ispirazione del personaggio viene menzionata proprio "L'apparizione" di Gustave Moreau. Le fonti iconografiche devono essere dunque rivalutate e vanno considerate di rilevanza pari a quelle letterarie. Non a caso la prima edizione inglese fu corredata dalle illustrazioni di Aubrey Beardsley che di per sé già forniscono una delle chiavi di lettura critica del testo, suggerendo una possibile identificazione tra l'autore irlandese e il suo personaggio, attraverso tre delle illustrazioni che accompagnano il testo: 'Enter Herodias', 'The Eyes of Herod' e 'The Man in the Moon', in seguito chiamata 'The Woman in the Moon'. Altrettanto importanti sono i modelli inglesi a cui Wilde si ispira. Per quanto riguarda l'influenza letteraria, se quella della tradizione francese è stata già evidenziata, poca attenzione si è finora posta, invece, al modello shakespeariano (che è già palesemente presente in "Vera o i nichilisti", la prima prova teatrale del drammaturgo, come pure ne "La duchessa di Padova") e più in generale a quello elisabettiano della revenge tragedy. Altro aspetto sinora negletto, ma assolutamente degno di attenzione, è la genesi del personaggio della femme fatale a partire dalle prime opere di Wilde. Fin dagli inizi della produzione teatrale del drammaturgo irlandese, la figura della donna fatale assume diverse declinazioni, in particolare nei personaggi di Vera e Beatrice. L'attenzione dei critici si è sinora soffermata in particolare su Salomè (1891), in quanto incarnazione più potente e riuscita, ma questi tre personaggi rappresentano tutti, ognuno in modo diverso, la potenza, la forza e a volte l'oscurità che può albergare nell'animo femminile e devono, pertanto, essere messi in relazione tra loro per meglio comprendere Salomè e il nuovo modello femminile che andrà a scardinare quello vittoriano, al tempo imperante. Salomè, inoltre, diverrà un'ombra dietro a molte raffigurazioni femminili nelle liriche di importanti esponenti della poesia inglese come Arthur Symons, Algernon Swinburne e Robert Browning e poi, in maniera ancora più 'eversiva', con W. B. Yeats, James Joyce e T.S. Eliot che utilizzeranno la figura della danzatrice (di solito femminile e talvolta mortale), per enfatizzare la bellezza e il fascino della figura danzante e l'eloquenza espressiva e anti-naturalistica del suo movimento. Il percorso di ridefinizione dell'espressività corporea, del linguaggio registico e attorale, così come di quello musicale (anche dal punto di vista canoro-interpretativo) può venire letto, in modo innovativo, attraverso la rielaborazione 'di' e la riflessione 'su' un'immagine mitica, che mette in connessione le arti performative e il loro rinnovamento con la crisi dell'età moderna, fino alla ridefinizione dei diversi campi del sapere umano, unita a una nuova costruzione dell'immaginario femminile.
Quello che emerge, è come l' indagine sulla figura biblica, mai tanto attuale quanto fra XIX e XX secolo, non sia quindi solo uno studio di storia delle arti, ma divenga sintomo di un mutamento radicale della società e della generale concezione delle relazioni interpersonali, della comunicazione fra menti, corpi e culture, oltre che fra i sessi. Per tale motivo una sua nuova riconsiderazione trasversale, multifocale, neo-critica (nel senso della ripresa della teoria critica in tempi attuali) può rivelare aspetti utili alla comprensione storica di quel periodo di ancora tanto ardua decifrazione, che ha portato alla fine di una Weltanschauung idealistica di lunga durata, davanti ai crescenti movimenti di rifiuto della tradizione eurocivile da destra come da sinistra , sfocianti poi nel grande conflitto mondiale.