Perché, in una società ancora profondamente discriminatoria come quella occidentale attuale, nessuno (nessuno, cioè, che abbia qualcosa da perdere) è più disposto a difendere pubblicamente posizioni apertamente discriminatorie? Come si spiega l'apparente paradosso per cui delle precise negazioni verbali dei fenomeni discriminatori («non sono razzista, ma...», «non ho niente contro le donne, però...», «sono a favore degli omosessuali, pure...») sono diventati i predittori più accurati per identificare gli atteggiamenti discriminatori stessi? Il punto sembra essere il seguente: se episodi anche piccoli di intolleranza vengono stigmatizzati mediaticamente con veemenza e in modo pressoché unanime, gli effetti discriminanti di disuguaglianza strutturale, nondimeno, si riproducono con costanza e su ampia scala.
Per analizzare questo paradosso, la ricerca s'inserisce nell'attuale temperie in cui si scontrano, fra i vari, fenomeni di grande risonanza come la "cancel culture", il "politicamente corretto", le "culture wars" e il "movimento me-too", proponendo di fondare l'indagine sociologica su informazioni che le persone non sono consapevoli di trasmettere (tracce, componenti tacite e inavvertite, dimensioni latenti). L'obiettivo, allora, è di sviluppare interpretazioni basate su elementi che i soggetti non pensavano potessero divenire "elementi" su cui si sarebbe mai imperniata una qualsivoglia interpretazione. Dando seguito ad alcune riflessioni sviluppate al riguardo (Sabetta, 2018 e 2020), la ricerca vuole analizzare le potenzialità sottostimate delle tecniche qualitative, che permettono di studiare con compiutezza lo scarto fra il dire e il fare nella realtà sociale - uno iato che sembra intrinsecamente dotato d'intesse sociologico, essendo eloquente e rivelatore per definizione: quando viene anticipato dai soggetti che ne sono i protagonisti, ne modifica il comportamento, essendo non solo inatteso, ma anche non voluto.
La ricerca esplorerebbe un ambito di interesse (non solo) sociologico cruciale, al crocevia di fenomeni disparati che paiono caratterizzare l'inizio di questo nuovo decennio: dal "movimento me-too" alla "cancel culture", dal "razzismo senza razzisti" alle "culture wars", dal "pink washing" al "politically correct". Inoltre, la ricerca si collocherebbe all'interno di una prospettiva multidisciplinare nella quale convergono sociologia, scienze politiche, antropologia, psicologia sociale e scienze della comunicazione.
I principali interrogativi ai quali la ricerca intende rispondere e gli obiettivi più rimarchevoli sono:
(-) È ancora vero che in Italia il tabù del razzismo si sia infranto e ci si possa dire razzisti senza mascherarsi dietro goffe perifrasi? Su questa posizione teorica è ancora assestata gran parte della letteratura (politologica, sociologica, antropologica) nazionale in merito - una posizione, pure, che sembra ormai sorpassata e non più in linea con i nuovi trend che si sono affermati altrove (soprattutto, USA e UK) e che paiono essere in via di consolidamento anche in Italia.
(-) Infatti, nonostante questa tematica di ricerca sia oggetto di crescente attenzione nel panorama statunitense, essa fatica a imporsi in Europa (e, a fortiori, in Italia). Da questo punto di vista, la possibilità d'indagare le nuove forme di discriminazioni si lega all'idea di diffonderne il concetto stesso: l'idea stessa di "discriminazione senza soggetti apertamente/dichiaratamente discriminatori" è ancora inedita nel nostro contesto nazionale; la sua introduzione, quindi, mira anche ad accrescere la consapevolezza del pubblico e presentare nuovi, indispensabili riscontri per la prefigurazione di strumenti innovativi di policy.
(-) L'obiettivo di più ampio respiro è quello di replicare l'indagine etnografica sperimentale e di audit indagando il fenomeno non solo in riferimento alla discriminazione di tipo razziale, ma anche in relazione alla discriminazione verso persone con disabilità (ableism), verso gli omosessuali e verso le donne, coprendo cioè l'intero spettro del fenomeno.
(-) Il fenomeno della "discriminazione nell'epoca della sua indifendibilità pubblica", comunque, si configura come specifico caso d'analisi da ricomprendersi entro una fattispecie analitica più ampia - quella della discrepanza fra asserzioni/dichiarazioni e comportamenti/azioni nella realtà sociale. Da questo punto di vista, l'innovatività contenutistica della ricerca si lega alla sua originalità teorico-epistemologica.
(-) Entrambi i fronti del progetto (versante contenutistico e versante analitico) si collocano all'avanguardia della ricerca sociologica statunitense contemporanea, e stanno generando un dibattito estremamente intenso al cui interno il presente progetto vuole inserirsi.