La ricerca verte sulle implicazioni internazionali che la cittadinanza europea sta acquisendo. Essa intende stabilire quali innovazioni sono intervenute nel diritto europeo e nel diritto internazionale per via della recente azione esterna dell'UE. In base all'art. 20(1) TFUE, ciascun cittadino degli Stati membri dell'UE è cittadino europeo. Tale status comporta più diritti, come quello di circolare sul territorio europeo (art. 20(2) TFUE). Quella europea è però una cittadinanza "interna". Infatti, i Trattati non prevedono una sua valenza nei rapporti tra gli individui e gli Stati terzi. Quindi, l¿Unione non potrebbe occuparsi dei rapporti tra i suoi cittadini e gli Stati che non sono suoi membri. Eppure, nella prassi recente dell'UE vi sono plurimi riferimenti alla protezione dei cittadini europei avverso Stati terzi. Ad esempio, con una nota il Parlamento ha chiesto alla Commissione di chiarire come il Servizio per l'Azione esterna stia trattando con il Marocco per proteggere i cittadini europei accusati di avere oltraggiato alcuni suoi organi (nota E-002750/2021 del 21/5/21), e la Commissione lo ha illustrato (risposta scritta del 19/4/21). Questi atti sarebbero astrattamente riconducibili all'istituto della protezione diplomatica, disciplinato dal diritto internazionale. E tuttavia, il diritto internazionale classico ammette che solo gli Stati possano proteggere i loro cittadini. Esso si è del resto formato quando solo gli Stati conferivano la cittadinanza agli individui. Partendo da queste antinomie, la ricerca intende determinare la base giuridica dell¿azione esterna dell¿UE in tema di cittadinanza. Essa mira a stabilire se, dal punto di vista del diritto europeo, l'azione dell'UE rappresenti un atto ultra vires o praeter legem. Inoltre, la ricerca intende stabilire quali cambiamenti questa prassi abbia innescato nella disciplina internazionale della protezione diplomatica, se abbia ampliato la nozione di Stato, o i poteri delle organizzazioni internazionali.
La ricerca che si propone di finanziare potrebbe comportare innovazioni di rilievo in ben due materie di studio: il diritto dell¿Unione europea ed il diritto internazionale.
Vi è invero un istituto, la cittadinanza europea, che nasce nel diritto dell¿Unione e che i redattori dei Trattati Istitutivi, ossia gli Stati membri, hanno disegnato come uno status giuridico dalla valenza meramente interna. Nell¿impostazione fatta propria dai redattori, la cittadinanza europea rappresentava invero la mera sommatoria delle posizioni giuridiche riconosciute, in virtù degli stessi Trattati, a tutti i cittadini degli Stati membri, ed opponibili sia nei confronti di tali Stati che nei confronti dell¿Unione europea. Nessuna possibilità vi era che tale cittadinanza producesse effetti giuridici, o avesse anche solo qualche valore, al di fuori dell¿Unione. Oltre i confini dell¿UE, rilevava soltanto la cittadinanza nazionale.
Ciò era del tutto compatibile con il diritto internazionale, che conosceva soltanto la cittadinanza conferita dagli Stati. Conseguentemente, esso prevedeva che solo gli Stati, o per dir meglio solo lo Stato di cittadinanza, potesse agire in protezione diplomatica, nei confronti di un altro Stato, a difesa dei propri cittadini. Le organizzazioni internazionali erano escluse da detta possibilità.
Ebbene, la ricerca che qui si descrive potrebbe rivelare che la cittadinanza europea ha travalicato i limiti imposti dai suoi creatori, che ha acquistato valore e iniziato a produrre effetti anche al di fuori del territorio dell¿Unione; che la cittadinanza europea, in altre parole, ha iniziato ad imporsi nel campo delle relazioni internazionali e, dunque, del diritto internazionale.
Con tutta evidenza, questa circostanza potrebbe innovare il diritto europeo, il quale dovrebbe ammettere non solo che uno status giuridico ¿interno¿ sia capace di imporsi anche all¿esterno, travalicando così la lettera dei Trattati, ma pure che l¿Unione europea possa acquistare, per effetto del diritto internazionale, delle competenze in materia di protezione dei cittadini (degli Stati membri ed) europei nei loro rapporti con gli Stati terzi, travalicando ancora la lettera dei Trattati. Vi sarebbe, in altre parole, una parte del diritto dell¿Unione non scritta nei Trattati ma sviluppata dalle Istituzioni mediante la loro prassi internazionale.
Non meno incisivi i cambiamenti che la ricerca potrebbe comportare nel campo del diritto internazionale. La circostanza che una organizzazione internazionale riesca, per forza propria e per l¿acquiescenza degli Stati, ad agire in protezione diplomatica nei confronti di individui che riconosce come suoi cittadini, non potrebbe che scardinare il diritto internazionale classico. Questo avrebbe infatti ammesso, alternativamente, che talvolta le organizzazioni internazionali sono assimilabili agli Stati, nel conferimento della cittadinanza e nella protezione dei titolari di tale status giuridico, ovvero che la protezione internazionale non è più appannaggio esclusivo degli Stati di cittadinanza, ma può essere esercitata anche dalle organizzazioni internazionali.