Anno: 
2017
Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_485215
Abstract: 

Il programma di ricerca verte sulle imponenti difficoltà che sta attraversando la disciplina del diritto penale fallimentare, compresso tra testi normativi di riferimento anacronistici e la mutata realtà socio-economica.
Il diritto civile fallimentare sembra invece essere riuscito maggiormente ad adeguarsi alla nuova situazione, cambiando completamente prospettiva. Ha abbandonato la visione che poneva al centro del sistema la procedura concorsuale del fallimento per assegnare tale ruolo alla diversa procedura del concordato preventivo; introducendo, inoltre, una serie di istituti tesi alla conservazione e alla ristrutturazione delle aziende.
Al contrario, il versante penalistico non è riuscito ad intervenire, se non in modo parziale e impreciso, si pensi alla c.d. mini-riforma della l. n. 132 del 2015.
La ricerca intende esaminare l'impianto normativo proprio dei reati fallimentari, appurando le tecniche e i modelli di incriminazione utilizzati, in modo da individuare i principali punti controversi. Si pensi ai secolari dibattiti che riguardano il ruolo da assegnare alla sentenza dichiarativa di fallimento, oppure, alla natura di reato di pericolo o di danno da attribuire al delitto di bancarotta fraudolenta.
Pertanto, l'obiettivo che ci si pone è di ricostruire il sistema del diritto penale fallimentare, prendendo in considerazione non solo tali recenti sviluppi, ma anche i vincoli derivanti dall'ordinamento costituzionale e da quelli sovranazionali.
Lungo un simile crinale, occorre predisporre modelli che siano coerenti sia con i principi costituzionali di offensività e di colpevolezza, sia con i principi convenzionali ed euro-unitari di accessibilità e prevedibilità della norma penale.
Infine, la ricerca intende prendere in considerazione anche il piano comparatistico, per predisporre tecniche di tutela sempre più uniformi rispetto ai modelli che provengono dagli ordinamenti stranieri più avanzati, anche alla luce del fenomeno della globalizzazione dei mercati.

Componenti gruppo di ricerca: 
sb_cp_is_932580
sb_cp_is_932578
Innovatività: 

Risulta doveroso ripensare l'intera disciplina del diritto penale fallimentare, in modo da rispettare sia i vincoli derivanti dai principi costituzionali sia quelli provenienti dagli ordinamenti sovranazionali: per quanto riguarda i primi si pensi al principio di offensività e al principio di colpevolezza; per quanto riguarda, invece, i secondi, si pensi, ad esempio, ai profili della prevedibilità e della accessibilità che devono caratterizzare la norma penale.
In questo senso, lo studio dei modelli di incriminazione diventa lo strumento principe per avanzare proposte concrete nell'eventuale ripensamento di tale materia.
E' necessario in primo luogo garantire che la risposta penale si attivi per punire solo quei comportamenti che siano effettivamente offensivi e rimproverabili, con riferimento agli interessi dei creditori.
A tal proposito, l'impostazione precedentemente dominante in giurisprudenza, che qualificava la bancarotta fraudolenta come un reato di pericolo astratto per l'interesse dei creditori, offeso dalla potenziale diminuzione della garanzia costituita dal complesso dei beni patrimoniali dell'imprenditore fallito, entrava in collisione proprio con il citato principio di offensività. Per tal motivo, in dottrina, a partire dall'opera di Nuvolone, è nata la teoria della c.d. zona di rischio penale, secondo cui occorrerebbe selezionare le condotte punibili a titolo di bancarotta fraudolenta, potendo prendere in considerazione solo quei comportamenti posti in essere a ridosso dello stato d'insolvenza, ossia in quella zona di rischio in cui è tangibile il collegamento con il bene tutelato. Siffatte teorie sono state poi sviluppate dalla dottrina e dalla stessa giurisprudenza di legittimità, secondo cui possono dirsi tipiche soltanto le condotte poste in essere all'interno di un arco temporale in cui erano già presenti dei "segnali d'allarme" di una crisi d'impresa. Tuttavia tale teoria si scontra con la difficoltà di erigere il confine del rischio consentito attorno a un fenomeno economico degenerativo e graduabile difficilmente circoscrivibile entro dei limiti tassativi.
Per la recente giurisprudenza di legittimità, sul solco tracciato dall'opera del "Maestro della materia" Cesare Pedrazzi, la soluzione più soddisfacente consiste nel recuperare l'offensività qualificando la fattispecie incriminatrice come reato di pericolo concreto per il bene giuridico dell'integrità del patrimonio posto a garanzia dei creditori.
Tuttavia, entrambi i modelli di tutela potrebbero presentare delle incertezze e delle problematiche sotto il profilo della compatibilità con i principi costituzionali. Da un lato, infatti, il modello dei reati di pericolo rischia di confliggere con il principio della necessaria offensività, anticipando oltremodo la risposta penale; dall'altro lato, il modello di reato incentrato sul danno può far sorgere problemi con riguardo al principio di determinatezza a causa dell'eccessiva vaghezza dell'evento naturalistico del dissesto quale concetto troppo ampio e vago.
Per altro verso, è particolarmente rilevante lo studio della materia penale fallimentare anche alla luce del cambiamento avvenuto nell'economia nazionale ed internazionale e del conseguente ruolo delle imprese all'interno di un'economia globalizzata. Invero, il fallimento di un'impresa non può più considerarsi un fenomeno isolato riguardante una particolare impresa ma deve considerarsi un fenomeno di più ampia portata, giacché può riguardare gruppi di società collegate ed imprese multinazionali.
La globalizzazione dei mercati e delle imprese commerciali, dunque, influisce sempre di più anche sulla struttura delle società stesse. Non può allora non essere presa in considerazione anche dal diritto penale, il quale svolge un ruolo determinante di tutela nella garanzia patrimoniale dei grandi o piccoli creditori che entrano in contatto con gli imprenditori. Dovrà esser ripensata una tutela più efficace sia per i creditori sia per le società infragruppo, le quali compiano operazioni apparentemente svantaggiose per la società poi dichiarata fallita ma concretamente incapaci di incidere sul patrimonio dei creditori della società.
Sotto il primo profilo, potrebbe pensarsi ad una introduzione delle fattispecie penali in tema di bancarotta all'interno del codice penale. L'introduzione dei reati fallimentari nel codice penale, oltre ad avere una connotazione simbolica, sembra essere maggiormente coerente con la gravità sanzionatoria prevista dal legislatore.
Sotto il secondo profilo, si potrebbe pensare ad una disciplina in grado di salvaguardare specificamente i gruppi di impresa sulla falsariga dell'istituto dei c.d. vantaggi compensativi previsti in materia societaria (art. 2634 c.c.), vale a dire ad una forma di esclusione della punibilità laddove una società infragruppo trasferisca beni ad un'altra società del gruppo generando un'utilità nel bilanciamento tra i vantaggi e gli svantaggi per la società apparentemente pregiudicata.

Codice Bando: 
485215
Keywords: 

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