Anno: 
2018
Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_1174943
Abstract: 

I processi partecipativi in architettura sono ormai da tempo passati dall¿essere un approccio innovativo alla partecipazione a costituire invece un normale strumento progettuale a disposizione dell¿architetto. Dai tempi di Ralph Erskine, e Giancarlo De Carlo, proseguiti con Yona Friedman e Lucien Kroll, questi metodi progettuali hanno conosciuto alterne fortune restando sempre però presenti tra le tendenze architettoniche contemporanee.
Oggi il dibattito su questo tema si divide tra un approccio idealista che vede la partecipazione in architettura come strumento imprescindibile per garantire un impatto sociale positivo del progetto e un approccio più scettico che la considera come fumo negli occhi e, in definitiva, come una perdita di tempo e una messa in discussione delle competenze e responsabilità dell¿architetto/progettista.
Questa ricerca vuole superare queste due interpretazioni per riposizionare i metodi partecipativi nella progettazione architettonica in un quadro neutro, post-umanista, che ne analizzi sia i risvolti socio-politici che quelli più tradizionalmente architettonici, dalla forma alla tecnologia.
Attraverso lo studio delle caratteristiche peculiari dei diversi progetti, dagli aspetti processuali a quelli compositivi, e tramite un¿indagine di stampo etnografico, si tenterà di delineare in che modo la partecipazione interagisca col progetto per tentare di comprendere se sia sempre auspicabile farne uso o se sia piuttosto un¿opzione a disposizione del progettista la cui adozione sia da valutare di volta in volta.
Lo studio dei progetti sarà affiancato dall¿organizzazione e partecipazione attiva come facilitatore del dibattito a iniziative da organizzarsi sul territorio e da utilizzare come casi studio.

ERC: 
SH2_2
PE8_3
Innovatività: 

L'analisi della partecipazione in architettura che qui si propone vuole discostarsi dal dibattito che vede confrontarsi da un lato coloro che vedono in essa un imprescindibile strumento di democratizzazione del progetto e dall'altro quelli che la considerano una tendenza marginale e velleitaria, un'inutile complicazione del processo progettuale che l'architetto dovrebbe invece essere autorevolmente in grado di controllare.
Entrambe le posizioni hanno evidentemente un loro fondamento ma non sono utili a un'analisi che si propone di essere per quanto possibile oggettiva e che voglia evidenziare le condizioni nelle quali la progettazione architettonica partecipata mostra sia le sue potenzialità che le sue criticità da un punto di vista neutro.
Questa visione si fonda sul presupposto che la partecipazione in architettura oggi non è più ispirata a sistemi ideologici, culturali o politici ben individuabili ma è piuttosto utilizzata come un qualsiasi altro strumento progettuale nell'ambito di progetti che perseguono il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità su cui andranno a insistere.
Il tema non sarà quindi analizzato secondo uno specifico punto di vista ma piuttosto, superando un approccio critico di tipo soggettivo, sarà affrontato con un metodo di stampo post-umanista, analogamente a quanto proposto dalla sociologa e teorica dell'architettura Albena Yaneva nel suo "Five Ways to make Architecture Political". In questo saggio, infatti, la distinzione tra un soggetto attivo e un oggetto passivo viene superata per considerare invece tutti gli elementi di una determinata dinamica come "attori", siano essi umani o non umani, al fine di spostare l'attenzione sul complesso sistema di relazioni che intercorre tra di loro. Tale approccio si basa sui principi della teoria sociologica "Actor Network Theory", elaborata tra gli altri da Bruno Latour, e prevede che il metodo di lettura di queste interazioni consista in un approfondito resoconto etnografico che riveli le interazioni tra attori nei loro più minuti e meno scontati dettagli.
Questo approccio è orientato a consentire una maggiore oggettività nell'analisi del fenomeno architettonico e a rifuggire interpretazioni critiche di stampo modernista le quali, utilizzando quelle che Yaneva chiama "ontologie asimmetriche", riducono i fenomeni sociali a rapporti di causa-effetto che, isolati dal loro contesto, perdono di validità.
Il metodo etnografico invece, attraverso un'osservazione neutra e non selettiva, permette di leggere meglio le complesse reti di relazioni che generano i fenomeni sociali e di trarne delle conclusioni sì valide ma sempre legate al singolo contesto.
Lo studio della progettazione architettonica partecipata attraverso questo metodo permetterebbe di farne emergere di volta in volta quali siano le cause del successo o del fallimento dei metodi partecipativi nei singoli casi, traendone poi una interpretazione critica a posteriori nella consapevolezza che la sua applicazione ad altri casi sia subordinata al confronto col contesto.
I diversi esempi di uso di metodi partecipativi in architettura dimostrano come questo concetto sia utilizzabile per una vasta serie di pratiche, dettate da diverse esigenze e orientate verso fini altrettanto differenti.
Ciò che si vuole tentare di dimostrare, quindi, è come la galassia delle diverse pratiche della partecipazione in architettura, nonostante non sia ispirata a sistemi culturali, ideali o politici di ampio respiro, sia in realtà segno di una nuova consapevolezza sociale e politica degli architetti che, cadute le ideologie del `900 e la disillusione post-moderna, cercano comunque di orientare la loro pratica a promuovere un progresso democratico e sostenibile.

Codice Bando: 
1174943

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