
La ricerca si propone di indagare gli ambiti di operatività dell'autonomia individuale all'interno della disciplina delle mansioni, così come riscritta dall'art. 3, d.lgs. n. 81/2015.
La nuova norma ha introdotto notevoli cambiamenti rispetto al testo dell'art. 13 Stat. lav.: ha abrogato la nozione di mansioni equivalenti (comma 1); ha riconosciuto al datore di lavoro uno ius variandi verticale non più in casi tassativi, ma in ipotesi di modifica degli assetti organizzativi aziendali, ovvero in quelle individuate dalla contrattazione collettiva (commi 2 e 4); ha aperto nuovi spazi all'autonomia individuale e all'interesse del singolo lavoratore (commi 6 e 7).
Soffermandosi sulla fattispecie dei patti modificativi (comma 6), può notarsi che la legge consente all'autonomia individuale di operare in deroga all'intera disciplina dei limiti dello ius variandi unilaterale e ciò è espressamente consentito dalla stessa disposizione legislativa (comma 9). Difatti la norma introduce la possibilità per le parti del rapporto di lavoro di stipulare accordi individuali di modifica, con riguardo alle mansioni, alla categoria legale, al livello di inquadramento e alla relativa retribuzione. Accanto al campo d'azione riconosciuto all'autonomia individuale, si pone il piano della tutela che l'ordinamento riconduce alla stipula in una delle sedi protette e alla precondizione di un interesse proprio del lavoratore, riconducibile alla conservazione dell'occupazione, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita.
Per l'assegnazione a mansioni superiori, la norma (comma 7) subordina l'effetto legale che rende definitiva l'assegnazione al consenso del lavoratore. Occorre indagare la qualificazione di questa volontà. Infatti, se può apparire come una rinuncia resta il problema dell'assenza di qualsiasi riferimento alle sedi conciliative (art. 2113, comma 4 c.c.). Ed allora potrebbe qualificarsi come dichiarazione recettizia.
La ricerca si confronta con un problema di analisi e di classificazione del mutamento di mansioni verso l'alto e attuate attraverso patti individuali. Si pongono in questo quadro notevoli problemi: 1) con riguardo all'apertura di una norma di legge all'interesse del singolo lavoratore; 2) l'importanza che assume la volontà del prestatore di lavoro in ragione della volontarietà del patto modificativo ed al congelamento del perfezionamento del diritto alla promozione automatica; 3) la qualificazione che deve essere attribuita alla volontà del lavoratore nel contesto delle mansioni superiori e alla sua ricomprensione nell'istituto della rinuncia.
Dalla ricerca proposta ci si attende di capire per quali motivi la normativa in materia di mansioni abbia previsto una diversificazione dei regimi dello ius variandi e l'intensificazione dello spazio dell'autonomia individuale del lavoratore. Il metodo critico di valutazione giuridica consentirà di produrre un avanzamento rispetto alle precedenti ricerche sul tema che si sono confrontate con il testo della norma e hanno individuato non sempre soddisfacenti soluzioni ai problemi elencati, senza una ricostruzione pienamente convincente sugli istituti giuridici, soprattutto di impianto civilistico, cui occorre guardare.
Ci si propone, in tal senso, di individuare a livello sistematico le soluzioni ai problemi della qualificazione e dell'ampliamento dello spazio d'azione della volontà individuale, al fine di avviare uno studio dei nuovi spazi dell'autonomia individuale nel rapporto di lavoro, nel quale la disciplina delle mansioni rappresenta un punto centrale di analisi e di sviluppo del tema.