Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_1958093
Anno: 
2020
Abstract: 

La fragilità è una condizione caratterizzata dalla riduzione delle riserve omeostatiche dell'organismo e, di conseguenza, da un'aumentata vulnerabilità ad agenti stressanti esogeni ed endogeni che espone l'individuo a un maggior rischio di sviluppare eventi avversi e traiettorie sfavorevoli dello stato di salute. In neurologia la fragilità è stata studiata estensivamente nella malattia di Alzheimer ma non nella malattia di Parkinson. L'obiettivo del presente progetto sarà quello di indagare i possibili correlati clinici, neurofisiologici e neurobiologici della fragilità nella malattia di Parkinson, attraverso la somministrazione di un indice di fragilità (Frailty Index) appositamente progettato per questa patologia. A tale scopo saranno arruolati 150 pazienti affetti da malattia di Parkinson ai quali saranno somministrate una serie di scale cliniche atte a valutare le caratteristiche demografiche e la gravità dei sintomi motori e non motori. Il Frailty Index sarà calcolato mediante un questionario generato seguendo una procedura standard che prenda in esame 50 deficit multidimensionali legati all'età (inclusi segni, sintomi, ADL, IADL, anomalie di laboratorio e comorbidità). Inoltre i pazienti affetti da malattia di Parkinson saranno sottoposti a uno studio neurofisiologico mediante stimolazione magnetica transcranica al fine di indagare la possibile correlazione tra fragilità ed eccitabilità/plasticità corticale. Al fine di indagare la possibile correlazione tra fragilità e alterazioni quantitative della alfasinucleina , verrà raccolta una quantità minima di 1 ml di saliva da ciascun soggetto e attraverso un saggio immunoenzimatico (ELISA) verranno misurate diverse forme di a-sinucleina (totale ed oligomerica).

ERC: 
LS5_5
LS7_8
LS5_5
Componenti gruppo di ricerca: 
sb_cp_is_2510882
sb_cp_is_2490588
sb_cp_is_2460614
sb_cp_es_348897
Innovatività: 

Il costrutto della fragilità è stato già adottato nell¿ambito delle malattie neurodegenerative per esplorare come la complessità biologica dell¿organismo influenzi la variabilità delle loro manifestazioni fenotipiche. Ad esempio, è stato osservato come maggiori livelli di fragilità siano associati ad un aumentato rischio di outcome negativi (es. mortalità e ospedalizzazione) in pazienti affetti da demenza e ad un più rapido declino del funzionamento cognitivo. Più recentemente, l¿interesse scientifico si è anche concentrato sullo studio dei meccanismi patofisiologici attraverso i quali la fragilità condiziona l¿espressione clinica dei processi di neurodegenerazione. A tal riguardo, la fragilità è emersa come un possibile moderatore della complessa relazione tra le modificazioni neuropatologiche tipiche della Malattia di Alzheimer e i deficit cognitivi associati. Vale a dire, la fragilità sembra influenzare la capacità individuale di tollerare l¿accumulo di alterazioni neuropatologiche (es. deposizione di amiloide) e, conseguentemente, le manifestazioni di malattia.
Solo pochi studi precedenti hanno studiato la relazione tra fragilità e PD usando strumenti riproducibili per misurare la fragilità. Una potenziale limitazione degli studi precedenti era che gli autori hanno misurato la fragilità utilizzando i criteri d Fried (Ahmed et al, 2008; Seiffert et al, 2017; Chen et al, 2019). I criteri di Fried (Fried et al, 2001) definiscono la fragilità come la presenza di tre o più di cinque aspetti clinici (astenia, perdita di peso, rallentamento nella velocità del cammino, affaticamento e scarsa attività fisica). Evidentemente almeno 4 dei 5 criteri precedentemente esposti sono correlati a sintomi che caratterizzano la fenomenologia clinica della PD e questo potrebbe aver portato a una sopravvalutazione della fragilità nella PD. Inoltre, in nessuno di questi studi è stata valutata la relazione tra fragilità e sintomi motori e non motori nel PD. Infine nessuno studio ha correlato la fragilità con biomarcatori noti e con marcatori di tipo neurofisiologico.
Investigare l¿impatto della fragilità, intesa come invecchiamento biologico, sui processi patofisiologici coinvolti nelle malattie neurodegenerative potrebbe avere importanti ripercussioni cliniche e sperimentali. Potrebbe infatti consentire di: i) favorire la comprensione dei processi patogenetici sottostanti; ii) migliorare l¿interpretazione dei test diagnostici; iii) individuare nuovi target terapeutici e raffinare il disegno degli studi clinici; iv) identificare misure o parametri rilevabili nella pratica clinica che consentano di predire e spiegare la variabilità delle manifestazioni cliniche, sostenendo quindi una personalizzazione dell¿approccio. Per quanto concerne quest¿ultimo punto, è infatti possibile ipotizzare che la fragilità influenzi funzioni e proprietà del Sistema Nervoso Centrale che condizionano l¿espressione clinica delle malattie neurodegenerative e che possono essere misurate attraverso metodiche neurofisiologiche. In particolare, il progressivo accumulo di deficit biologici che caratterizza la condizione di fragilità, potrebbe accompagnarsi a modificazioni della plasticità sinaptica, già documentate nell¿ambito dell¿invecchiamento fisiologico e delle malattie neurodegenerative.

Codice Bando: 
1958093

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