Nel «secolo della biotecnologia» sta nascendo una nuova forma di "industria bio-digitale", in cui grazie a tecnologie sempre più sofisticate e digitalizzate, che permettono l'ingegnerizzazione e la produzione alla scala quantica di Madre Natura, diventa possibile analizzare e riprodurre i processi generativi, chimici, fisici e molecolari alla base dei meccanismi naturali. Il design dunque, coinvolto in nuovi domini sperimentali di convergenza con le contemporanee bioscienze, sperimenta nuove vie produttive sempre più biologiche, spostando l'attenzione dal prodotto al processo.
La ricerca proposta si colloca in questo contesto e intende servirsi di recenti strumenti relazionali e di sintesi della disciplina del design per attivare collaborazioni sinergiche di ibridazione e cross-fertilizzazione tra la scienza ed il progetto, favorendo la costruzione di dinamiche di impatto sul piano dell'innovazione di prodotto e di processo. Nello specifico, la ricerca si concentra sulle nuove possibilità di manifattura date dalla combinazione di strategie digitali e materiali viventi, definendo per esse strumenti intellettuali, metodologici e operativi di base; nonché percorsi di sviluppo e trasferimento tecnologico, integrando le diverse competenze in attività pratiche in spazi fisici condivisi e coinvolgendo i diversi stakeholder in workshop collaborativi e azioni comunicative e divulgative dei risultati.
L'innovatività della ricerca dunque, è perfettamente in linea con gli obiettivi di Terza Missione delle università, definendo per il nuovo tipo di manifattura potenziali scenari applicativi e ponendo le basi sia per la trasformazione della ricerca prodotta in conoscenza utile ai fini produttivi e di valorizzazione economica; sia per la divulgazione della stessa sotto forma di artefatti dimostrativi, iniziative culturali e beni a contenuto sociale o educativo, in grado avvicinare le scoperte scientifiche alle persone e di migliorare qualità della vita e consapevolezza civile.
Con la ricerca proposta si vogliono verificare le potenzialità dei nuovi domini sperimentali di convergenza tra il design e le contemporanee bioscienze, evidenziandone le divergenze ma anche le affinità da prendere in considerazione, e dare prova della proficuità in termini di innovazione, attraverso l'uso di recenti strumenti relazionali e di sintesi della disciplina del design, capaci di ibridare le modalità di indagine e di sperimentazione proprie della scienza, con i metodi di matrice progettuale e operativa della cultura del progetto. La profonda rivoluzione che ha travolto negli ultimi anni la creatività, investendola di nuovi fenomeni e nuovi imperativi come l'open innovation, le comunità creative, l'intelligenza collettiva, la coproduzione bottom-up, impone una profonda ridefinizione dei rapporti tra i fattori coinvolti nella dimensione del progetto, e porta alla volontà di riunire le diverse competenze all'interno di spazi fisici in cui l'elemento unificante è il processo del fare (ad es. workshop, pratiche di co-design) moltiplicando le interazioni e l'accesso a nuovi canali di contaminazione e fertilizzazione delle idee.
In tal senso, le nuove tecniche di manifattura derivanti dalla combinazione di strategie digitali e manipolazione del vivente costituiscono uno spazio di innovazione con enormi potenzialità, data la possibilità per entrambe le discipline di trarre bilateralmente vantaggi dalla relazione e far convergere obiettivi, proiezioni e decisioni in itinere verso un fine comune. Il design può coadiuvare la scienza: nel prefigurare le migliori opportunità di tradurre la conoscenza in esiti produttivi, dimostrandone la trasferibilità tecnologica e aumentandone l'indice TRL (Technology Readiness Level); nell'implementare la conoscenza in ambito CAD/CAM (impiego congiunto e integrato di progettazione e fabbricazione assistite da computer) e nella manifattura additiva; nel produrre (anche con apparecchiature molto più economiche) complesse geometrie tridimensionali con creatività, utili anche a risolvere questioni proprie della scienza (ad es. l'organizzazione cellulare). Quest'ultima invece, può offrire al design un supporto tecnico-scientifico fondamentale per sperimentare nuove vie generative e produttive di artefatti più sostenibili, ecologici, leggeri, rapidi, on demand, customizzati e di valore, che affrontano temi fondamentali dell'attualità (ad es. salute personale, sostenibilità ambientale ed energetica, equità) e che assecondano bisogni e stati d'animo di una collettività in continuo divenire, riabilitando in un certo senso l'immagine culturale e sociale della disciplina stessa.
L'innovatività della ricerca dunque, è perfettamente in linea con le attività di Terza Missione delle università, incentivate anche a livello comunitario, che prevede un nuovo fondamentale obiettivo accanto a quelli tradizionali dell'alta formazione e della ricerca scientifica: il dialogo con la società. Attraverso una proficua collaborazione tra le competenze infatti il progetto mira a sperimentare un nuovo tipo di manifattura ibrida, ma anche a definirne potenziali scenari applicativi, ponendo le basi sia per la trasformazione della ricerca prodotta in conoscenza utile a fini produttivi e di valorizzazione economica; sia per la divulgazione della stessa sotto forma di artefatti dimostrativi, iniziative culturali e beni a contenuto sociale o educativo, in grado avvicinare le scoperte scientifiche alle persone e di migliorare benessere e consapevolezza civile.
La ricerca infine, sarà occasione per un avanzamento delle conoscenze anche nel campo proprio della progettazione. La quarta dimensione infatti, data dal tempo di crescita della materia biologica sul supporto, non influenza solo il processo generativo dell'artefatto, ma soprattutto il processo progettuale del designer: prima l'avvento dei computer, poi la fabbricazione digitale, hanno traslato la comprensione fisico-materica dell'artefatto dalla capacità manuale all'abilità di scomporlo nelle sue tre coordinate spaziali, che ora avanzano in una quarta bio-dimensione (4D) temporale e materica che dobbiamo imparare a gestire, gestendo la materia viva. Inoltre la biofabbricazione prevede possibilità per il design su più scale: il vivente può essere utilizzato nel progetto sia per produrre nuove materialità ottenute biologicamente in laboratorio ma usate all'esterno come biomateriali; sia in applicazioni che sfruttano la bio-intelligenza e quindi portano al di fuori dei laboratori organismi vivi, biologicamente attivi, in grado di interagire e reagire, stravolgendo il modo stesso di esistere nel mondo e di rapportarsi con chi li usa. Sarà quindi fondamentale chiedersi e definire a livello progettuale come rapportarci e collaborare con questi sistemi, sia nella fase di generazione che in quella di utilizzo di artefatti ibridi e la ricerca proposta ne costituisce una valida occasione.