La microglia costituisce la prima linea di difesa contro i danni nel SNC. Le cellule della microglia sono cellule immunocompetenti che mantengono l'omeostasi cerebrale e garantiscono e controllano il trofismo neuronale. In condizioni fisiologiche la microglia a riposo presenta un soma ristretto e lunghe ramificazioni dinamiche, che agiscono da sentinelle del microambiente circostante. In presenza di uno stimolo lesivo va incontro ad una rapida attivazione, assumendo una forma ameboide. La deposizione di beta amiloide (Aß) determina uno stato di infiammazione cronica che promuove attivazione e reclutamento della microglia. In relazione alla presenza della malattia di Alzheimer, diversi studi hanno rilevato alterazioni nel sistema endocannabinoide (ECs). Inibire selettivamente la degradazione degli endocannabinoidi può incrementare i loro effetti benefici sulla neuroinfiammazione, rappresentando una promettente possibilità terapeutica.
Questa ricerca si propone di studiare gli effetti di URB597, inibitore dell'enzima amide idrolasi degli acidi grassi (FAAH), dopo trattamento delle cellule con Aß, attraverso l'analisi del fenotipo morfologico, dell'organizzazione dell'actina citoscheletrica, l'acquisizione delle capacità migratorie e di fagocitosi, come risposte microgliali al processo di attivazione.
Nonostante i recenti progressi nella comprensione dei processi di neurodegenerazione che sono alla base della malattia di Alzheimer (AD), ad oggi non sono ancora disponibili farmaci in grado di modificare il decorso clinico della patologia. L'approccio farmacologico attualmente adottato si propone di correggere gli squilibri dei neurotrasmettitori che si instaurano come conseguenza della morte neuronale. Questo approccio si è dimostrato in grado di produrre un discreto miglioramento delle funzioni cognitive in pazienti affetti da AD di entità moderata, mentre resta in dubbio l'efficacia terapeutica sulle forme più severe. Attualmente, nessun farmaco utilizzato in terapia sembra migliorare la prognosi della patologia, infatti, le strategie terapeutiche attuali sono finalizzate esclusivamente ad alleviarne i sintomi e a rallentarne il decorso. Per tale motivo, vi è la necessità di introdurre in terapia nuove molecole in grado di intervenire sui meccanismi fisiopatologici alla base dell'AD. Tra le varie molecole, il sistema degli ECs sta suscitando un notevole interesse, motivato dai numerosi effetti neuroprotettivi descritti in letteratura. Diversi studi sperimentali attribuiscono agli ECs un possibile ruolo neuroprotettivo nei confronti di diverse situazioni patologiche coinvolte nella patogenesi della malattia di Alzheimer, quali stress ossidativo, infiammazione ed eccitotossicità (1). La gliosi e la degenerazione dei neuroni a livello dell'ippocampo causati da Aß sono stati associati ad un aumento della produzione di 2-AG, il che potrebbe significare che il sistema endocannabinoide si possa attivare in risposta ad un danno neuronale, rappresentando un tentativo di neuroprotezione da parte dell'organismo (2). Potenziando, quindi, l'attività degli endocannabinoidi, in particolare della AEA, attraverso la somministrazione di UBR597, inibitore dell'enzima degradativo FAAH, si potrebbe ottenere una riduzione della tossicità indotta da Aß in cellule microgliali.
(1) Jackson SJ, Diemel LT, Pryce G, Baker D. Cannabinoids and neuroprotection in CNS inflammatory disease. J Neurol Sci 2005, 233: 21-25.
(2) Van Der Stelt M, Mazzola C, Espositp G, Mathias I, Petrosino S, De Filippis D et al. Endocannabinoids and ¿-amyloid-induced neurotoxicity in vivo: effect of pharmacological elevation of endocannabinoid levels. Cell Mol Life Sci 2006 63: 1410-1424.