Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_2488267
Anno: 
2021
Abstract: 

Nelle vicende ideologiche della modernità ha avuto un peso determinante per l'affermazione dei regimi liberali e democratici la questione dei diritti civili e politici dei cittadini in relazione alla costituzionalizzazione del potere. Ciò è stato storicamente possibile col raggiungimento di un diritto di rappresentanza ostacolato da residui dell'antico regime. La ricerca intende affrontare questi percorsi con particolare attenzione alla genesi del moderno costituzionalismo e alla trasformazione concettuale e linguistica delle forme di potere. La democrazia risulta essere così il punto di solidificazione di varie tensioni che convergono verso il riconoscimento dei diritti della persona e delle differenze sociolinguistiche e culturali in un processo dinamico e mai unilineare che riguarda il rapporto sempre complesso fra individuo e istituzioni politiche, a partire dalla prospettiva di un sedimentato pluralismo sociale e giuridico in continua trasformazione. La ricerca si estende a una riflessione sull'epistemologia della storia adeguata alla crisi del formalismo di matrice kantiana, che rivendica i diritti umani senza contesto, sia del clima culturale condizionato da una frammentazione decostruzionista esasperata del discorso giuridico-politico. Si intendono offrire contributi alla prospettiva di ricomposizione del discorso politico storicamente diviso fra la difesa dell'universalismo giuridico e il suo contesto multiculturale e plurilinguistico. La storia dell'Europa moderna ha visto quella che emblematicamente Dahrendorf ha chiamato la antinomia tra lo Stato nazionale eterogeneo, cioè diritti civili e libertà politica, contro lo Stato nazionale omogeneo, ossia il luogo della condivisione etnico-linguistica delle identità di gruppo. Il federalismo con la sua prospettiva di un governo multilivello ha dato luogo a istituzioni pensate come ponte fra la logica comunitaria delle identità e la logica universalistica dei diritti .

ERC: 
SH6_10
SH6_13
SH4_11
Componenti gruppo di ricerca: 
sb_cp_is_3134935
sb_cp_is_3136560
sb_cp_is_3307224
sb_cp_es_423525
sb_cp_es_423526
Innovatività: 

Nel corso della storia politica moderna si è evidenziato un doppio aspetto dei regimi costituzionali. Se nei regimi liberali il costituzionalismo si è limitato ad una azione negativa al solo fine di realizzare un equilibrio fra i particolari interessi degli individui, nelle democrazie contemporanee invece il principio di sovranità popolare è stato capace di produrre attivamente un legame politico al fine di realizzare una solidarietà economico sociale per individui, gruppi e differenze prima marginalizzate.
Il Novecento ha poi manifestato dopo il dispotismo napoleonico e i totalitarismi l'insopprimibile esigenza di riallacciare il principio della sovranità popolare, spesso declinatasi anche in regimi monistici e autocratici in assenza di contrappesi istituzionali, alle forme e alle condizioni dettati dalle costituzioni, proprio per segnare i limiti di un potere che si contraddistingue per la regola secondo la quale esistono diritti della persona che precedono e trascendono lo Stato (Mortati). Secondo il modello liberale la costituzione si limita formalisticamente a stabilire rapporti fra individui e Stato senza intervenire in materie economico sociali, nel secondo dopoguerra si è compreso che oltre la costituzione formale esiste una condizione materiale per la quale lo Stato interviene per eliminare ostacoli al diritto di eguaglianza e alla dignità delle persone (Fioravanti). L'esplodere dei populismi si lega oggi alla crisi dello Stato sociale e alle difficoltà dello Stato rappresentativo.

L'analisi comparata delle Dichiarazioni dei diritti presenti nelle Costituzioni elaborate in Italia durante il cosiddetto "triennio repubblicano" (1796-1799) intende cogliere affinità e differenze rispetto alla costituzione vigente della "Repubblica madre", cioè la Francia. Il tema dei diritti e delle libertà civili ha suggerito ai costituenti italiani interpretazioni innovative rispetto al modello francese, vietando esplicitamente la schiavitù, come nel caso della Costituzione ligure, ovvero reintroducendo - come volle Mario Pagano nel suo progetto di Costituzione della Repubblica napoletana - il diritto di resistenza all'oppressione. E' pertanto lecito chiedersi se tali Costituzioni siano semplicemente il frutto del soverchiante controllo politico esercitato dal Direttorio francese - come suggerito da Cuoco e dalla storiografia romantica -, oppure siano da considerarsi come l'esito indotto dalla stagione riformista già attiva nei progetti teorici presenti negli antichi Stati italiani.

La ricaduta in termini di comprensione della realtà è molto significativa in uno studio linguistico, in particolare quando, come in questo caso, esso serve a dar conto sia di uno sforzo di messa a fuoco metodologica sia dei meccanismi persuasivi insiti nell'organizzazione della testualità politica a noi coeva sia della capacità di questa di "segnare" un'epoca, anche in virtù dell'adozione di mappe lessicali particolarmente connotative, che permettono di ricostruire una sorta di geografia linguistica delle culture politiche in dimensione diacronica e comparata. Probabilmente, solo tenendo conto dell'incrocio tra queste prospettive sarà possibile individuare una "nuova fase" della storia linguistica, culturale e politica.

La ricerca intende coniugare un aspetto finora poco esplorato in una dimensione transdisciplinare: la rete come nuovo attore politico, non più strumento di affermazione e di consolidamento del consenso dei movimenti populisti. L'analisi socio-politica si coniuga con gli studi sulle nuove tecnologie della comunicazione e con le strategie più innovative del marketing.

La domanda fondamentale dello storico del pensiero politico è se sia possibile eludere il momento di una esplicita riflessione metodologica e, allo stesso tempo, raggiungere dei risultati soddisfacenti nella propria ricerca. Si può comprendere pienamente sia l'insieme delle asserzioni fatte nel passato sull'essere e il dover essere nella sfera politica, sia le attività in cui queste persone erano coinvolte mentre facevano queste asserzioni? Proprio per queste ragioni il problema del metodo risulta totalmente connesso al rapporto spesso controverso tra storia e filosofia. In questa ricerca ci si propone di esaminare le vicende del cosiddetto metodo Cambridge, che nella metà del secolo scorso ha impresso una svolta radicale alla metodologia del pensiero politico anglofono. Più precisamente, la riflessione vuole indagare in primo luogo la presunta unità della "Scuola di Cambridge" essenzialmente fondata sulla contestualizzazione linguistica e in secondo luogo il dibattito che i revisionisti di Cambridge hanno instaurato con l'ala tradizionalista ed empirista degli storici britannici. L'analisi intende infine ridefinire il livello di condivisione delle basi epistemologiche fra i vari esponenti della scuola, procedendo a delineare i cleavages presenti rispetto alle tesi metodologiche di Michel Foucault, Leo Strauss e Reinhart Koselleck.

Codice Bando: 
2488267

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