
La ricerca si propone di indagare quale sia il contenuto del testamento in senso proprio e, in particolare, se esso debba considerarsi un atto con funzione esclusivamente patrimoniale-attributiva o se possa assumere anche altre e diverse funzioni. Verificando, anche alla luce dei principi e dei valori del nostro sistema ordinamentale, quale sia lo spazio per la regolamentazione delle situazioni esistenziali.
Sotto un diverso profilo si propone di sottoporre a critica la ricorrente affermazione che il testamento sarebbe l'unico atto di ultima volontà a causa di morte che il nostro ordinamento conosce.
Si vuole sperimentare quali siano gli spazi dell'atto di ultima volontà diverso dal testamento e, in conseguenza individuare il suo statuto disciplinare, proponendo di consentirne la stipulazione anche al minore che abbia capacità di discernimento.
La ricerca si propone di verificare se esistano spazi per una nuova elaborazione della teoria generale dell'atto di ultima volontà, come categoria più ampia del testamento, alla quale è possibile affidare la regolamentazione degli interessi post mortem della persona.
La nostra disciplina restituisce l'idea che esistano numerosi casi ai quali la legge affida la regolamentazione di interessi post mortem ad atti di ultima volontà diversi dal testamento.
si tratta, allora, di determinare quale sia la relazione tra testamento e atti di ultima volontà diversi dal testamento, allo scopo di verificare se agli ultimi debba essere, unicamente, assegnata la funzione di regolare i soli interessi rispetto ai quali la legge, esplicitamente, ammetta tale possibilità, ovvero se essi debbano guadagnare uno spazio piú esteso, dovendosi, in tale caso, verificare quale sia il principio che consenta di stabilire quali interessi possano essere regolati dagli atti di ultima volontà diversi dal testamento e quali no.
La relazione tra testamento e atti di ultima volontà diversi dal testamento non credo che possa svolgersi e risolversi quando ci si limiti a costatare che l¿uno e l¿altro servono per regolare la successione della persona, né quando ci si limiti a costatare che le prescrizioni di carattere formale stabilite per l¿uno sono molto piú rigorose rispetto a quelle, eventualmente, prescritte per gli altri.
La mera funzione successoria se è idonea a determinare i profili di disciplina sostanziale (es. revocabilità degli atti) non è, da sola considerata, capace di regolare i confini applicativi tra l¿uno e gli altri; per contro, la disciplina sulla forma e le formalità prescritte per il testamento, da sola riguardata o, piú esattamente, slegata dalla funzione e dal rapporto regolato, non è in grado di dar conto del perché l¿atto di ultima volontà sia soggetto a requisiti di forma meno opprimenti.
Non credo si possa seriamente revocare in dubbio che lo spazio riservato all¿atto di ultima volontà diverso dal testamento non possa essere limitato a pianificare interessi post mortem della persona, nei soli casi esplicitamente ammessi dalla legge.
In questa direzione valgono non soltanto le considerazioni sviluppate rispetto alla regolamentazione sulla sepoltura e sui funerali , ma, soprattutto, una considerazione piú generale, la quale, avendo riguardo ai princípî e ai valori normativi vigenti, dimostra che il nostro sistema ordinamentale, in consonanza alle scelte compiute, ha inteso ampliare le prerogative successorie della persona. Del resto, la tipicità dell¿atto non dipende da una o altra previsione di singole ipotesi specifiche, ma dall¿idoneità dell¿atto a realizzare la funzione che l¿ordinamento gli assegna e riserva, ossia di regolare gli interessi post mortem della persona . Quando l¿atto sia in grado di onorare la sua funzione, indipendentemente da quali possano essere i contenuti della regolamentazione (purché siano leciti e meritevoli) e indipendentemente da quale possa essere il singolo interesse post mortem regolato, la tipicità dell¿atto deve, potenzialmente, reputarsi soddisfatta.
Sotto un diverso profilo, la circostanza che si ammetta non soltanto dalla letteratura, ma anche dalla nostra giurisprudenza, che taluni interessi post mortem della persona, specie di natura esistenziale, possano essere regolati sia con il contratto, sia con l¿atto unilaterale dimostra che si danno interessi post mortem per la cui regolamentazione non è necessario, né indispensabile il testamento.
Sotto altro profilo, è certo che le sempre piú numerose ipotesi in cui il legislatore espressamente ammette che taluni interessi post mortem della persona possano essere regolati con un atto di ultima volontà non avente forma testamentaria, non soltanto escludono ogni valutazione o giudizio di eccezionalità di tali figure normative, ma impongono anche di regolare in modo analogo tutti i casi simili, nella consapevolezza che l¿applicazione analogica non è altro che un modo di applicazione dei princípî, poiché si risolve nell¿applicazione di un medesimo principio a due casi.
Le ipotesi normative analizzate sono destinate a un¿applicazione piú estesa di quella che la mera lettera della legge potrebbe lasciare ipotizzare. Tale risultato è necessario sia se, aderendo all¿impostazione tradizionale, si voglia discorrere di analogia legis come strumento d¿integrazione dell¿ordinamento , sia se, piú coerentemente all¿attuale sistema, si consideri che ogni applicazione normativa è analogica .
Il discorso, in altri termini, sembra doversi ribaltare, dacché non si tratta d¿individuare quali siano gli interessi che il sistema ordinamentale consente, oggi, che possano essere pianificati mediante l¿atto di ultima volontà diverso dal testamento , ma, all¿esatto opposto, di verificare quale siano gli interessi post mortem che debbono essere, di necessità, regolati dal testamento.