Nella digitalizzazione dei movimenti politici, la dimensione dell¿identità può essere forgiata dalle istituzioni che lottano per l¿imposizione di frame e significati, mentre si assiste a una progressiva moltiplicazione dei legami tra questa e le vocazioni territoriali, dalle mobilitazioni iper-localistiche, alla necessità d¿impegno in chiave nazionalista, alla rivendicazione regionale e globale.
Nei SNS, la dimensione narrativa si intreccia con la componente emozionale al fine di dare visibilità e voce a soggetti tradizionalmente emarginati dalla politica.
Sono proprio gli strumenti di internet progettati per permettere agli utenti di pubblicare contenuti personali, non necessariamente politici, a diventare particolarmente utili per i soggetti che vogliono portare avanti le proprie istanze politiche, pertanto si reputa interessante analizzare come minoranze localizzate utilizzino le piattaforme commerciali come strumenti di rivendicazione o di familiarizzazione della propria identità, rivolgendosi a pubblici interconnessi globalmente.
La ricerca si fonda sulla combinazione dei suggerimenti teorici forniti dall¿approccio dell¿analisi dei media digitali radicali e di protesta e dalla ricostruzione delle tendenze politiche e comunicative offerte dallo studio delle strategic narratives. L¿indagine si propone di analizzare la presenza online multipiattaforma di minoranze ¿relative¿ (l¿utilizzo delle piattaforme con finalità diplomatica da parte della leadership politica e religiosa iraniana), ¿eterne¿ (le produzioni di mobilitazione e propaganda di matrice palestinese diffuse su YouTube), ¿rumorose¿ (le azioni di sabotaggio, hackeraggio e robotrolling intraprese dai soggetti implicati nel conflitto siriano o da Daesh).
La ricerca mira a indagare e classificare l¿utilizzo dei media digitali da parte di attori politicamente interessati (e geograficamente localizzati), sorpassando le visioni che prevedono l¿enucleazione di case studies esclusivamente emergenti da situazioni esemplari. In questo senso, si suggerisce una riflessione più ampia, che includa le piattaforme in un utilizzo routinario, riuscendo in tal modo a sintetizzare e sorpassare il dibattito che vede il confronto, nell¿ambito della rilevanza delle ICT per le aggregazioni politiche mediorientali, tra le posizioni antitetiche degli evangelisti digitali e dei tecno-realisti, mediando altresì tra le esigenze analitiche degli internet studies e delle relazioni internazionali (Comunello, Anzera, 2012).
Si indirizzerà dunque la riflessione entro la definizione di nuovi repertori (Tilly, 2008) dell¿azione e rivendicazione politica che prevedono il confronto, la conoscenza e la possibilità di attivazione di legami individuali che definiscono il presenziare i luoghi digitali come regno dell¿autorappresentazione competitiva (Anzera, Massa, 2017) e come luogo di elezione di forme di transformative diplomacy, per la quale la complessità delle situazioni internazionali viene costantemente ricondotta a interazioni personali, lavorando sulla fiducia individuale e sostituendo sul piano simbolico, in casi connotati da radicate sedimentazioni storiche (si pensi al rapporto Iran, USA, regione MENA), la relazione offline (Duncombe, 2017).
Si intende declinare la riflessione nei termini dell¿espressività ¿commerciale¿ determinata dai luoghi digitali in cui questa prende forma; questa è connessa a una tradizionale asimmetria, per la quale attori politici maggioritari hanno coltivato spazi di divulgazione del proprio pensiero grazie ai media di massa, mentre, per coloro comunemente esclusi dalle rappresentazioni mainstream, questa possibilità è stata fornita solo recentemente dalle piattaforme digitali. In particolare, queste amplificano la tendenza contemporanea che vede la professione delle proprie preferenze politiche attraverso forme espressive ¿pubblicitarie¿, come i loghi, gli slogan, i simboli esteriori, rendendo i media virali essenzialmente politici. In una visione estremizzata, ogni dimostrazione dei gusti online, come un like a una pagina Facebook, la condivisione di un video da YouTube non è altro che un ¿favore¿ pubblicitario nei confronti dei produttori di contenuti diversi dall¿individuo stesso. La circolazione delle informazioni non è ancillare rispetto alla produzione, poiché consente di determinare (e di misurare quantitativamente) la salienza e la rilevanza dei contenuti presso i pubblici di riferimento. In tal modo, un ingente numero di soggetti contribuisce e rafforza la diffusione di contenuti fabbricati da un nucleo competitivo di produttori, rendendo la sponsorizzazione di contenuti particolarmente rilevante nell¿ottica di reti omogenee di influenza personale.
Per questo si reputa di dover necessariamente utilizzare un approccio integrato che preveda la comprensione delle molteplici forme digitali: dalle forme mediate di diplomazia (Iran), alle strategie di reperimento di forme di supporto, di empatia, di proposizione di frame alternativi (confronto israelo-palestinese), fino ad arrivare alle forme di rappresentazione che coinvolgano gli attacchi alla materialità della rete (descrizione delle forme e degli obiettivi delle forme di trolling o di hacking messe in atto da movimenti contenziosi). Simultaneamente, le questioni ¿stilistiche¿ devono essere inserite nell¿arco narrativo degli affari internazionali, contestualizzandone l¿opportunità politica in stretto riferimento alle persistenti questioni globali.
La ricerca si prefigge di individuare e classificare ¿codici¿ comunicativi di appartenenza alle reti digitali, in bilico tra l¿universalizzazione dei linguaggi, dettata dalle caratteristiche delle piattaforme (affordances, default, gestione degli algoritmi) e la particolarizzazione delle proprie rivendicazioni politico/identitarie, destinati a inserirsi in affiliazioni individuali molteplici e fluttuanti.