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Nella millenaria ed europea produzione letteraria del Medioevo greco-latino che una critica derivata dal pregiudizio umanistico-positivista-idealista ha ritenuto in preda all¿impersonalità, si rintracciano invece fortissime consapevolezze autoriali, basate sul lucido riconoscimento, da parte degli scrittori, delle proprie capacità espressive. Proprio in generi letterari quali l¿agiografia e la storiografia, che pure abbondano di testi anonimi, spiccano auctores che identificano sé stessi con la loro scrittura e cioè con il loro stile: solo a titolo di esempio, si considerino, per il medioevo greco, la produzione in tali ambiti di un Michele Psello (sec. XI), autore sia della Vita sancti Auxentii, riscrittura colta di un precedente testo agiografico infarcita di elementi autobiografici, sia della celeberrima Chronographia, opera storica piena di contraddizioni, anche da un punto di vista strettamente tecnico, nel senso di tecnica letteraria, tecnica compositiva; per il medioevo latino è invece il caso, per l¿agiografia, di Venanzio Fortunato (VI secolo) poeta dallo stile rilucente e personalissimo, modello di inventiva per generazioni di poeti medievali e produttore di una raffinata prosa agiografica; oppure, per la storiografia, degli scrittori normanni dell¿XI secolo in cerca di una nuova retorica per raccontare un mondo nuovo (Dudone, Goffredo Malaterra) o di Boncompagno (sec. XII-XIII) che, per primo (seguito solo da Rolandino da Padova) indossa la doppia veste di magister di ars dictaminis e di storiographus, con entrambe in grado di scrivere una prosa come nessuno al tempo suo. Scrittori ¿ e scrittrici! ¿ del Medioevo latino chiedono di essere letti iuxta propria principia, soppesando cioè il come della resa letteraria, parametro ai loro tempi principale per la valutazione di un¿opera e oggi preziosissima dotazione informativa in grado di chiarire gli ambienti, le dinamiche, le intenzioni che quell¿opera hanno prodotto.