Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_1438007
Anno: 
2019
Abstract: 

Il Sodio Lauriletere Solfato (SLES) è un tensioattivo anionico comunemente utilizzato per applicazioni domestiche ed industriali, ed è anche il principale componente delle miscele di agenti schiumogeni impiegati come lubrificanti nei processi di scavo meccanizzato. La costruzione di infrastrutture sotterranee produce ogni anno in Italia diversi milioni di tonnellate di terre e rocce da scavo, in cui lo SLES può raggiungere concentrazioni fino a 500 mg/Kg. Tuttavia, attualmente la legislazione italiana e quella dell'UE non fissano limiti di concentrazione per lo SLES nei terreni, rendendo così possibile il riutilizzo di detriti contaminati da SLES nell'ambiente, come materiale riempitivo o per l'impiego in agricoltura. Ad oggi, sebbene esistano diversi studi sugli effetti tossici dello SLES sull'uomo e sugli animali terrestri ed acquatici, gli studi sulla sua fitotossicità acuta sono pochi, e quelli sulla fitotossicità cronica assenti. Pertanto, il riutilizzo di terreni da scavo contaminati con SLES può rappresentare un fattore di rischio per le specie vegetali, sia naturali che coltivate, nonché per gli ecosistemi terrestri ed acquatici. Il presente progetto si propone di investigare gli effetti funzionali dello SLES su due specie vegetali modello quali Zea mays e Lepidum sativum. Verranno effettuati test di fitotossicità acuta secondo protocolli standard, per saggiare gli effetti dell'esposizione a concentrazioni realistiche di SLES sulla germinazione e sull'allungamento radicale di semi delle specie considerate. La tossicità cronica verrà valutata inoltre su piante adulte di Z. mays, attraverso lo studio degli effetti del surfattante sugli scambi gassosi, sull'efficienza fotosintetica, sulla crescita e sul profilo metabolomico. I risultati ottenuti potranno contribuire alla corretta valutazione dell'impatto ecologico dello SLES, e alla definizione dei limiti normativi per il riutilizzo in ambiente delle terre e rocce da scavo condizionate con agenti schiumogeni.

ERC: 
LS9_4
LS2_10
Componenti gruppo di ricerca: 
sb_cp_is_1962829
sb_cp_is_1800998
sb_cp_is_1792551
sb_cp_es_284795
sb_cp_es_284796
Innovatività: 

Nei prossimi anni, a causa dei numerosi progetti di tunneling pianificati in tutto il mondo, verranno prodotte diverse centinaia di milioni di tonnellate di terre e rocce da scavo. Recentemente sono stati effettuati alcuni studi per determinare la possibilità di modificare il destino delle terre e rocce da scavo, da rifiuti a possibili risorse (Baderna et al., 2015). Tuttavia, la presenza di tensioattivi anionici può influenzare il riciclo dei detriti del suolo come sottoprodotti, a causa del potenziale rischio per gli ecosistemi terrestri e acquatici dei contaminanti in esso contenuti, principalmente SLES (Baderna et al., 2015). Se i detriti del suolo sono classificati come rifiuti, richiedono il trasporto, il trattamento e lo smaltimento, con un conseguente aumento del costo del progetto. Al contrario, i detriti da scavo potrebbero essere utilizzati per il riempimento di vecchie cave e la costruzione di strade, in agricoltura o come materia prima per la produzione industriale (Bellopede e Marini, 2011). Sebbene il riciclaggio dei detriti si inserisca nella cosiddetta "economia circolare", vi è una preoccupante mancanza di conoscenza sui potenziali effetti negativi degli additivi schiumogeni sull'ecosistema e sulla salute umana. Inoltre, sono disponibili solo informazioni limitate sulle sostanze contenute negli agenti di condizionamento commerciale, e nessun quadro chiaro è stato definito dalle agenzie ambientali nazionali e internazionali per una caratterizzazione chimica ed ecotossicologica del materiale da scavo, finalizzata alla valutazione dei loro possibili effetti ambientali (Baderna et al., 2015). Di conseguenza, la possibilità che il materiale da scavo possa essere considerato come un sottoprodotto o un rifiuto è fortemente correlata alla persistenza dello SLES al suo interno, che dipende dalle condizioni sito specifiche sia abiotiche che biotiche (Barra Caracciolo et al., 2019), ma anche alla sua tossicità sia acuta e cronica sugli organismi animali e vegetali. Migliorare le conoscenze sul destino ambientale di SLES, sulla sua persistenza ed eco-tossicità nei compartimenti suolo / acqua risulta pertanto di grande importanza per una corretta valutazione del rischio nel riutilizzo dei detriti del suolo in ambiente.
In questo contesto, risultati ottenuti nel presente progetto potranno contribuire alla corretta valutazione dell¿impatto ecologico dello SLES, e alla definizione dei limiti normativi per il riutilizzo in ambiente delle terre e rocce da scavo condizionate con agenti schiumogeni contenenti SLES, oltre che alla definizione di appropriate procedure di gestione e smaltimento delle terre e rocce da scavo contaminate da miscele schiumogene. Data la possibile presenza dello SLES anche in alte concentrazioni nei detriti provenienti dagli scavi, risulta necessario considerare i possibili effetti di questo composto sulla vegetazione, specie nel caso le terre e rocce da scavo siano destinate al riutilizzo in ambiente, anche in ambito agricolo. Il nostro studio permetterà di considerare anche tale fattore nella scelta di condurre le terre e rocce da scavo allo smaltimento in discarica quali rifiuti, oppure autorizzare il loro reimpiego in altre operazioni, mettendoli a frutto come sottoprodotti, e abbassando così i costi di costruzione (Barra Caracciolo et al., 2019).
Le analisi morfo-funzionali previste nel presente progetto possono costituire un metodo non invasivo ed efficace per monitorare gli effetti fitotossici dello SLES. In particolare, i metodi basati sulla fluorescenza della clorofilla offrono grandi potenzialità per attuare uno screening non distruttivo su specie vegetali esposte a contaminanti ambientali, grazie anche allo sviluppo di nuove tecniche e strumenti commerciali (Fusaro et al., 2015; 2016). L¿applicazione del JIP-test, per mezzo di fluorimetri portatili e dal costo contenuto, rende possibile l¿analisi di un gran numero di campioni vegetali in tempi brevi (Fusaro et al., 2017a). La fluorescenza della clorofilla è infatti utilizzata come metodo per selezionare su base fenotipica sia specie di interesse agrario (Gulli et al., 2015; Salvatori et al., 2015), che specie naturali e della vegetazione urbana (Manes et al., 2001; Fusaro et al., 2017b; 2019)

Baderna D. et al. (2015). Journal of Hazardous Materials 296, 210-220;
Barra Caracciolo A. et al. (2019). Journal of Hazardous Materials 365, 538¿545
Bellopede R. & Marini P. (2011). Physicochemical Problems of Mineral Processing 47, 259-266.
Fusaro et al. (2017b). PLoS ONE 12(10), e0185836
Fusaro et al. (2019). Ecological Indicators 103, 301-311.
Fusaro et al., (2015). Urban Forestry & Urban Greening, 14, 1147-1156.
Fusaro et al., (2016). Plant Biology 18(S1), 13-21.
Fusaro et al., (2017a). Plant Biosystems, 151(1), 174-189.
Manes et al., (2001). Physiologia Plantarum, 113(2), 249-257.
Gulli et al. (2015). PLOS ONE, 10(2), e0117073.
Salvatori et al. (2015). Plant Physiology and Biochemistry 97, 368-377.

Codice Bando: 
1438007

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