Da sempre gli uomini convivono con gli animali: questi sono una presenza fondamentale in molte sfere della vita pubblica e privata (famiglia, lavoro, cibo, economia, scienza, spettacolo, sport), e i rapporti sono strutturati da rappresentazioni e abitudini sociali consolidate.
Da qualche anno però si assiste, almeno nel mondo occidentale, a delle trasformazioni importanti: cresce continuamente la presenza di animali domestici nelle case, così come le spese loro destinate; aumentano le richieste di spazi pubblici accessibili o dedicati (sul luogo di lavoro, nei supermercati, nei giardini, negli hotel, nelle spiagge, negli ospedali); ancora, i movimenti per i diritti e la liberazione degli animali, tradizionalmente impegnati nella lotta politica, sembrano aver trovato un canale di propagazione popolare nelle culture e nelle pratiche del veganismo.
Il progetto si interroga sul significato di questi cambiamenti: come e perché le società stanno riconfigurando il loro rapporto con gli animali? Cosa ci racconta questa nuova sensibilità della fase della modernità che stiamo vivendo?
In particolare, l'ipotesi che il progetto vuole indagare è se le trasformazioni in corso siano indicatori di un mutamento culturale più profondo, un passaggio di civiltà, un avanzamento di quel processo di civilizzazione che rende l'uomo sempre più attento al dolore altrui e meno violento. In altre parole, comprendere se questa evoluzione delle forme di affettività, empatia e solidarietà verso gli animali riflette un ulteriore avanzamento - la decostruzione del concetto di specie, dopo quelli di razza, etnia, genere - nella concezione dell'alterità e della diversità, dunque del diritto e della giustizia.
L'indagine avrà natura qualitativa-esplorativa, e si articolerà in 3 azioni, per penetrare 3 dimensioni fondamentali del rapporto società-animali: i nuovi stili di vita diffusi nella popolazione, la sfera dei movimenti politici e della società civile impegnata, le nuove narrazioni mediali.
Per tutte le ragioni che abbiamo illustrato nei paragrafi precedenti, dovrebbe risultare evidente che il progetto che proponiamo si configura come un'indagine originale e innovativa nel contesto internazionale, e addirittura pioniera in quello nazionale.
Si è detto che l'American Sociology Association è l'unica tra le grandi reti internazionali di sociologia che vanti una sezione dedicata, "Animals and Society". Passando in rassegna la biografia della sezione si evince chiaramente come il nostro progetto intercetti gli interrogativi più importanti e le sensibilità emergenti nei trend di ricerca in corso; fra i quali ad oggi però non si registrano né voci da, né sguardi su, l'Italia. Non sembra inopportuno dunque prospettare che la ricerca che si intende realizzare potrebbe innanzitutto avere il merito di segnalare anche il nostro paese fra le presenze attive su questo fronte.
Specularmente, un percorso empirico sul tema potrebbe avere l'effetto di divulgare consapevolezza nella comunità scientifica nazionale: pur essendo gli animali da sempre una presenza significativa in tutte le dimensioni della nostra vita collettiva e individuale (vedremo tra poco, gli italiani sono fra i pionieri di questa nuova sensibilità), i sociologi italiani hanno sino ad oggi trascurato l'argomento.
Le cui potenzialità euristiche invece proviamo ora a illustrare, seguendo la schema delle 3 azioni in cui si è articolata la ricerca.
NUOVI STILI DI VITA. Un'indagine Censis 2019 classifica gli italiani come i secondi possessori di animali domestici nel continente, davanti a tutta la "vecchia" Europa: Francia, Regno Unito, Germania e Spagna. Il 53% delle famiglie ha adottato un cane, un gatto, un uccellino, un piccolo roditore, un pesce o addirittura un rettile. Le statistiche suggeriscono già delle differenze significative (per esempio, le percentuali elevate di single e separati), e, in termini ancora grezzi, avanzano l'ipotesi di nuove rappresentazioni sociali (dei pet, ma anche dei veterinari). Bastano questi pochi dati a far comprendere quanto rilevante potrebbe essere l'individuazione di nuove forme di sensibilità e affettività, di non violenza, legate al rapporto con un animale: essa ci consentirebbe di affermare un cambiamento diffuso nelle mentalità e nelle pratiche quotidiane, nelle interazioni sociali e nelle culture familiari. Insomma, un mutamento culturale, con implicazioni in molte sfere della teoria sociologica (civilizzazione, vita familiare e sentimentale, comportamento prosociale e pacifismo, tempo libero, welfare e benessere).
Non primario rispetto ai nostri interessi, ma non per questo trascurabile, date le dimensioni economiche dei processi legati alla questione animale, anche le possibili implicazioni sul settore del marketing, per la vendita dei prodotti e servizi destinati agli animali.
AMBIENTALISMO, MOVIMENTI CIVILI E POLITICI PER I DIRITTI DEGLI ANIMALI. Da questa branca della ricerca si attendono 2 tipi di risultati. Innanzitutto, elementi utili ad approfondire il livello e le caratteristiche della consciousness italiana, che appare per certi aspetti contraddittoria: siamo uno dei paesi più disponibili al rapporto con gli animali domestici, di sicuro spendiamo moltissimo per loro, ma, d'altra parte, fatichiamo a riconoscere l'importanza delle politiche ambientali (si pensi ai risultati delle ultime elezioni UE). In secondo luogo, lo studio dell'attivismo per la liberazione degli animali e delle associazioni che, a vario titolo, si richiamano all'ambiente potrebbe fornire informazioni importanti allo studio delle politiche identitarie e culturali del Terzo Settore nazionale, che proprio in questi anni, per impulso legislativo e per l'evolversi di settori nuovi (come è quello in analisi), sta conoscendo trasformazioni strutturali nelle forme di organizzazione e partecipazione.
NUOVE NARRAZIONI MEDIALI. Il linguaggio è uno dei terreni di battaglia più importanti nei processi politici e culturali per l'evoluzione delle categorie dell'alterità e dei diritti. E, tradizionalmente, le associazioni e i movimenti civili, mentre sono impegnati a diffondere termini e rappresentazioni politically correct delle minoranze, lamentano la scarsa attenzione dei giornalisti e dei media popolari. Nel nostro caso si intravedono invece dinamiche diverse: la sensibilità popolare sembra aver innescato un cambiamento del linguaggio anche a prescindere dall'educazione consapevole promossa dalla sfera civile impegnata; i mass media (stampa, editoria, cinema) hanno già iniziato a rappresentare il cambiamento; i video di denuncia del maltrattamento animale osano immagini e toni agli antipodi degli stilemi classici della comunicazione sociale. Tutto ciò suggerisce che da uno studio sul tema possano emergere elementi in grado di offrire prospettive nuove anche per l'analisi della responsabilità morale dei media (Silverstone 2006).