Economia femminista
La prospettiva e le proposte dell'economia femminista sono totalmente in contrasto con l’economia che attualmente sostiene un sistema capitalistico etero patriarcale, predatore della natura e sfruttatore di vite umane, nonché generatore di disuguaglianze multiple. Un sistema economico che si presenta come autosufficiente, ma il cui funzionamento dipende principalmente dal lavoro domestico e di cura che sostiene la vita e riproduce la forza lavoro, da un lato, e dallo sfruttamento della natura, dall'altro.
Di fronte a questo sistema che si disinteressa della vita delle persone e le trasforma in semplici merci (ognuna con il suo prezzo), l'economia femminista elabora una proposta di rottura totale, che si sta forgiando con forza sia nel campo teorico che in quello politico.
Una proposta che, in poche parole, significa essere realistici e prendere in considerazione tutti i lavori che contribuiscono alle diverse esigenze umane, a prescindere da quali relazioni sociali riguardino; rifiutare la divisione sessuale del lavoro e la femminilizzazione del lavoro di cura, discutendo i modi democratici di prendersi cura della vita. In questo senso, è necessaria una riflessione collettiva su ciò che intendiamo per una buona vita - che avrà senso solo se comprenderà tutte le persone del mondo rispettando la diversità – per la quale non è possibile partire da zero. La proposta dell'economia femminista è quella di mercati decentralizzati, discutendo su quale tipo di beni non dovrebbero essere mai lasciati al mercato (energia, acqua, ecc.), ma alla gestione comunale o in altre formule collettive; discutere nuove strutture di produzione e consumo rispettose dell'ambiente e destinate alla soddisfazione di bisogni.
Si tratta di una proposta che, nel suo complesso, riflette l'idea di sostenibilità della vita, che mira a realizzare un'economia sostenibile al servizio delle persone per consentire società più umane, eque e rispettose con l'ambiente.
