L'azione di Lodovico Mortara tra avvocatura e politica, ovvero del riformismo giudiziario di Mortara
Il riformismo giudiziario fu posto da Mortara al centro di tutta la sua riflessione giuridica e politica, ma anche al centro della sua azione come avvocato, studioso, magistrato e ministro . La passione nel disegnare il futuro delle istituzioni giudiziarie emerge in modo costante in tutta la sua vasta esperienza di uomo del diritto e delle istituzioni. L’itinerario che qui si propone si dipana in due tappe (o due atti) e un breve epilogo. La prima tappa è racchiusa tra il 1885, anno della pubblicazione de Lo Stato moderno e la giustizia e trova la sua prima conclusione nel 1907, attraverso l’esperienza che Mortara compì come capo di Gabinetto del Ministero della giustizia retto da Vittorio Emanuele Orlando; la seconda tappa, collocabile nel 1919, si concretizzò nelle proposte di riforma giudiziaria avanzate come ministro della Giustizia e degli affari dei culti (come lo stesso giurista preferiva fosse chiamato il dicastero). Nonostante gli insuccessi, il riformismo giudiziario di Mortara resta un filo rosso che attraversa tutta la storia della magistratura italiana, costituendone uno dei momenti più avanzati di riflessione. L’apertura approfondita alla comparazione agli altri ordinamenti; l’avvertita necessità di operare una riforma “integrale” della giustizia e non dei semplici “ritocchi”, unita alla capacità di intervenire invece puntualmente su singoli aspetti da risolvere urgentemente; e soprattutto la visione democratica della magistratura come potere giudiziario e costituzionale costituiscono ancora oggi motivo di grande interesse per tutti coloro che vogliano riformare il sistema della giustizia con la stessa passione laica che Mortara avvertiva.