Approccio bioclimatico
La concettualizzazione dell’”approccio bioclimatico” alla progettazione edilizia, nell’ambito della letteratura scientifica, trova una prima e specifica formalizzazione negli anni sessanta, soprattutto conseguentemente alla spinta e all’influenza di innovativi studi condotti da V. Olgyay e B. Givoni , benché specifiche indicazioni circa l’importanza degli approcci progettuali basati sullo studio dell’interazione tra architettura e clima, risalgano all’opera di Vitruvio “De Architectura”, trattato scritto nel II sec. D.C. (libro primo: “la scelta dei luoghi salubri”, “L’orientamento della rete viaria rispetto alla direzione dei venti”; libro sesto: “L’edilizia privata in relazione a climi e latitudini”) e, nel corso del XX secolo, siano state illustrate e sottolineate da architetti quali W. Gropius , F.L. Wright (nelle “Usonian House”, dove ci si basa su un alternativo sistema di sfruttamento dell’energia solare e dei moti convettivi dell’aria per il condizionamento invernale ed estivo dell’edificio) e, in Italia, teorizzate da studiosi come G. Vinaccia e G. Rigotti .
Nonostante la formalizzazione di importanti studi tesi a confermare e valorizzare l’importanza dell’approccio bioclimatico nella progettazione architettonica e urbanistica, definendone i principi e le caratteristiche peculiari, per molti anni si è continuato a progettare ed edificare in maniera poco sensibile a tali istanze e approcci: “…nessuno si azzarderebbe soltanto a pensare di costruire un edificio senza il necessario controllo statico. Eppure non si è ancora convinti della utilità di progettare tenendo conto dei parametri del benessere in generale e di quello termico in particolare...Si progetta e si costruisce ancora senza preoccuparsi ad esempio dei rumori e delle vicende climatiche alle quali l’edificio verrà assoggettato. Si ha una fiducia illimitata nello spirito di sopportazione da prova di nevrosi dell’utente medio e si confida nelle capacità risolutive dell’impianto….” (D. Del Bino, 1983).
Attualmente, la presa di coscienza delle conseguenze, di ordine ambientale (cambiamenti climatici, esaurimento delle risorse energetiche non rinnovabili, ecc.) alle quali ha progressivamente condotto questo atteggiamento culturale, ha portato alla definizione di normative di livello comunitario (recepite diffusamente dai vari Paesi) che pongono importanti vincoli alla progettazione delle nuove realizzazioni edilizie e degli interventi di ristrutturazione di rigenerazione urbana e dell’edificato preesistente. L’”approccio bioclimatico”, è stato quindi rivalutato e ricaricato di nuove e importanti valenze in funzione degli obiettivi di contrasto ai cambiamenti climatici in corso, al centro dei quali, la tematica energetica riferita al contesto costruito, riveste un ruolo fondamentale e sostanziale, soprattutto in relazione al fatto che “L’energia impiegata nel settore residenziale e terziario, composto per la maggior parte di edifici, rappresenta oltre il 40% del consumo finale di energia della Comunità. Essendo questo un settore in espansione, i suoi consumi di energia e quindi le sue emissioni di biossido di carbonio sono destinati ad aumentare” (premessa alla Direttiva 2002/91 CE del Parlamento Europeo sul rendimento energetico nell’edilizia ).