L'arresto cardiaco, indispensabile nella maggior parte degli interventi cardiochirurgici, ha reso necessario l'utilizzo di strategie indirizzate alla protezione miocardica mediante l'infusione nel circolo coronarico di soluzioni in grado di indurre e mantenere uno stato di inattività elettro-meccanica. Nel corso degli anni sono state proposte diverse strategie di protezione miocardica con l'utilizzo di soluzioni cardioplegiche, tutte caratterizzate da un'alta concentrazione di potassio. Nonostante queste soluzioni forniscano delle prestazioni accettabili dal punto di vista prettamente clinico, una inadeguata protezione miocardica durante cardioplegia continua tutt'ora ad essere una delle principali cause di insuccesso intra, peri e post-operatorio (1). Il principale meccanismo di danno miocardico durante l'arresto cardioplegico è indubbiamente quello ischemico. Infatti, mentre in condizioni di normale ossigenazione il miocardio ha un metabolismo strettamente aerobio, in presenza di ischemia gli acidi grassi non possono essere ossidati e il glucosio viene metabolizzato in lattato con conseguente acidosi e riduzione delle riserve di fosfati ad alta energia. Oltre a questi meccanismi si aggiunge il cosiddetto danno da riperfusione, conseguente alla ripresa del flusso coronarico, caratterizzato dalla produzione di radicali liberi derivati dall'ossigeno. Per tutti questi fenomeni è importante migliorare le attuali soluzioni cardioplegiche in modo che permettano un miglioramento della protezione cardiaca e una riduzione del danno miocardico. Tra queste possibili strategie, l'arricchimento di soluzioni cardioplegiche con composti citoprotettivi deputati a ridurre lo stress energetico, mitocondriale e del reticolo endoplasmatico, rappresenta una possibilità potenzialmente efficace, concreta e semplice. Questo progetto si propone di valutare l'efficacia di una nuova soluzione cardioplegica arricchita con attivatori dell'autofagia in un modello sperimentale preclinico.
L'obiettivo dello studio in oggetto è quello di valutare i potenziali benefici della stimolazione dell'autofagia mediante aggiunta di Trealosio e Spermidina al perfusato cardioplegico. Come ampiamente descritto in letteratura, a seguito di interventi cardiochirugici, nonostante le strategie di protezione cardioplegica, si determina una sofferenza miocardica ischemica più o meno marcata conseguente ad un severo stress energetico associato ad una marcata riduzione dei livelli di ATP e acidosi. E' ben noto che tra gli effetti indotti dall'ischemia a livello miocardico le alterazioni metaboliche, elettriche e soprattutto il cosiddetto "Paradosso dell'ossigeno" relativo alla cosiddetta sindrome da riperfusione giocano un ruolo fondamentale. Infatti, mentre in condizioni di normale ossigenazione il miocardio ha un metabolismo strettamente aerobio, in presenza di ischemia gli acidi grassi non possono essere ossidati e il glucosio viene metabolizzato in lattato. Ciò comporta una diminuzione del pH intracellulare ed una riduzione delle riserve di fosfati ad alta energia con aumento del Na+ e riduzione del K+ intracellulare e conseguente incremento del Ca++ intracellulare attraverso un aumentato scambio Na+/Ca++. Inoltre, la ridotta disponibilità di ATP determina anche una riduzione dell'uptake di Ca++ da parte del reticolo sarcoplasmatico e dell'output di Ca++ dalla cellula causando un sovraccarico di Ca++ a livello dei mitocondri con ulteriore limitazione della produzione di ATP. A livello del tessuto ischemico si producono anche radicali liberi derivati dall'ossigeno (ROS) che, per mezzo di fenomeni di perossidazione, possono danneggiare la membrana cellulare e quindi contribuire al danno ischemico. Oltre a questi meccanismi si aggiunge il danno da riperfusione conseguente alla ripresa del flusso coronarico dopo declampaggio aortico con ulteriore produzione di ROS. Pertanto l'arresto cardiaco cardioplegico determina comunque una sofferenza miocardica, più o meno marcata, indipendente dalle strategie protettive garantite dalla cardioplegia. L'autofagia cellulare, scoperta dal biologo giapponese Yoshinori Ohsumi, consiste in un meccanismo protettivo di degradazione selettiva di componenti citoplasmatici danneggiati, attuato da vescicole a doppia membrana lipidica chiamati autofagosomi, indirizzato alla sopravvivenza cellulare. L'autofagia è infatti un meccanismo fisiologico fondamentale per la regolazione dell'omeostasi cellulare (2) oltre a costituire un processo in grado di modulare positivamente la risposta cellulare nei confronti dello stress ischemico. E' stato già dimostrato come il processo autofagico comporta una importante azione citoprotettiva, oltre a determinare un beneficio in termini di riduzione del danno da ischemia e da ischemia-riperfusione. Le evidenze scientifiche hanno anche evidenziato come tale processo è attenuato dalla senescenza cellulare e marcatamente limitato in condizioni di stress, particolarmente in presenza di alterazioni conseguenti alla ischemia e ischemia/riperfusione. Il Trealosio, disaccaride presente in natura con funzionalità simili al saccarosio ma con una maggiore stabilità e un minor grado edulcorante, ha dimostrato di essere in grado di attivare l'autofagia, conferendo miocardioprotezione e limitando i danni conseguenti all'ischemia e alla deprivazione energetica/metabolica. La Spermidina è un composto poliamminico normalmente sintetizzato nei mammiferi attraverso l'azione dell'enzima spermidina sintetasi e presente ad elevati livelli nel liquido seminale, che diminuisce drasticamente durante l'invecchiamento ed in presenza di disordini metabolici quali diabete ed obesità. Studi sperimentali hanno dimostrato come la somministrazione esogena di spermidina allunghi significativamente la durata della vita in organismi inferiori, quali lieviti ed insetti (5). Inoltre, studi recenti hanno indicato come gli effetti anti-invecchiamento di questo composto siano marcati anche nei mammiferi. In un recente studio pubblicato su Nature Medicine è stato scoperto come la somministrazione esogena di spermidina protegga il cuore in risposta allo stress e riduca significativamente le anomalie strutturali e funzionali che insorgono durante il processo d'invecchiamento (6). Qualora i dati rilevati dalla sperimentazione in vivo su cuori di ratto isolati e sottoposti ad ischemia globale mediante tecnica di Langendorff dovessero dimostrare che l'attivazione dell'autofagia nei miocardiociti modula positivamente gli effetti ischemici, ossidanti, e le conseguenti alterazioni funzionali a livello cardiaco, la traslazione in ambito clinico impatterebbe in misura significativa sull'outcome dei pazienti cardiochirugici con evidenti vantaggi soprattutto in pazienti sottoposti ad un prolungato arresto cardioplegico.