A lungo, la relazione tra Umanesimo e Crociata - il primo, interpretato come innovatore di cultura e d'idee, antecessore del mondo "moderno"; la seconda, ritenuta legata a un sentire, a un linguaggio e a categorie di pensiero "medievali" - è apparsa contraddittoria e inconciliabile. Tale dicotomia è stata progressivamente abbandonata. Gli studi pionieristici di Robert Schwoebel, Agostino Pertusi e Ludwig Schmügge, così come quelli, più recenti, di James Hankins, Norman Housley, Nancy Bisaha, Margret Meserve, Gabriella Albanese, Marco Pellegrini e Benjamin Weber, al pari dell'edizione rinnovata di testi fondamentali (si pensi, ad esempio, alle esortazioni di Biondo Flavio a Federico III e ad Alfonso il Magnanimo o ai Commentarii di Pio II) e dell'acquisizione di nuovi testi e documenti hanno consentito di comprendere meglio tale rapporto. Oggi, si è assai più consapevoli dell'esistenza d'uno specifico "linguaggio rinascimentale della guerra santa", messo a punto da molti umanisti, impegnati nel ridefinire il messaggio crociato. L'obiettivo del progetto è quello di cogliere le peculiarità di tale linguaggio in alcuni testi poco noti appartenenti tanto al mondo umanistico, quanto a quello mercantile italiano quattrocentesco, con particolare riguardo alla Recollecta di Jacopo di Promontorio, allo Strategicon di Lampugnino Birago e al Tractatus di Giorgio d'Ungheria, rappresentativi d'una categoria, quella degli informatori impegnati nella speculazione, nella politica commerciale e nella diplomazia, sinora trascurata. Di tali testi si evidenzierà la genesi, nell'ambito delle complesse relazioni fra Cristianità latina e universo ottomano, al fine d'evidenziare il ruolo d'intermediari dei rispettivi autori e l'esistenza di canali para-diplomatici di raccolta d'informazioni. Al contempo, si cercherà di porre in luce il modo in cui tali resoconti furono recepiti dal più ampio contesto umanistico, contribuendo a ridefinire il rapporto tra mondi contermini.
L'innovatività della ricerca risiede nel tentativo d'amalgamare ambiti e comparti ritenuti solitamente inconciliabili o distanti tra loro come quello delle lettere e quello mercantile. Si tratta, in realtà, di contesti profondamente interconnessi, parte d'un unico e complesso fenomeno. Oltre a ciò, s'intende ampliare l'orizzonte d'analisi soffermandosi non solo sulla messe di informazioni più o meno esatte che la diversa documentazione in esame può offrire, ma anche esplorando, tra le altre cose, il progetto politico esistente a monte di tali informazioni, a livello della committenza, e il modo in cui esso poté influire sui contenuti. Si pensi, ad esempio, all'opera di Lampugnino Birago, emanazione della politica di Niccolò V non solo nei confronti della minaccia ottomana ma anche della sempre turbolenta situazione italiana, nell'ambito dei negoziati che avrebbero condotto alla pace di Lodi e alla formazione della Lega italica. Il pericolo rappresentato da Maometto II non era solamente una realtà, ma anche uno strumento di pressione, nel cui impiego la cultura umanistica poteva giocare il rilevante ruolo di cassa di risonanza e di mediatrice per il conseguimento di obiettivi non necessariamente legati o limitati allo scenario levantino. Sul versante dei circuiti mercantili come canali di trasmissione delle "nuove del Turco" e, in genere, delle "cose turchesche" (non solo degli ultimi sviluppi, quindi, ma anche di chiarimenti circa la struttura dell'impero, la personalità dei sultani, e così via), il caso del genovese Jacopo da Promontorio è emblematico di come la prossimità di alcuni uomini di negozio alla corte ottomana potesse permettere loro di raccogliere abbondanti informazioni e conoscenze, da lui tramandate attraverso il proprio trattato. Certo, siamo di fronte a un caso pressoché unico, quantomeno tra le testimonianze sopravvissute: la maggioranza dei mercanti competenti in materia turchesca non arrivava a sistematizzare quanto appreso in un'opera come la Recollecta. Ma numerosi sono i tentativi in tal senso così come varie e articolate le esperienze dei rispettivi autori. È il caso, ad esempio, del Tractatus redatto a Roma nel 1480 ca. da Giorgio d'Ungheria, in cui l'autore narra la propria esperienza di prigionia in terra turca tra il 1438 e il 1458, fornendo informazioni di grande interesse relative all'impero, alla sua organizzazione politica e militare, agli aspetti di carattere religioso e culturale. Lo studio di questo materiale, solitamente trascurato, consentirà, dunque, di gettare luce su molteplici aspetti del rapporto instauratori tra la Cristianità europea e il mondo ottomano nel corso del Quattrocento, tra cui: a) le circostanze e le esperienze retrostanti la genesi degli stessi testi, tra scontro e incontro, tra informazione e disinformazione, tra paura e seduzione; b) l'esistenza di canali para-diplomatici di raccolta d'informazioni sensibili sul Turco; c) il profilo di figure (mercantili, anzitutto, ma anche religiose) capaci di veicolare informazioni e notizie sull'impero ottomano, così come il loro ruolo di intermediari rispetto ad alcuni problemi concernenti la diffusione delle informazioni stesse; d) l'evoluzione dell'idea di crociata in sé nell'ambito della più generale riflessione umanistica.