
I biopolimeri, o bioplastiche, sono polimeri ottenuti attraverso processi che conferiscono al prodotto finale caratteristiche estremamente ricercate, tra cui la biodegradabilità. I poliidrossialcanoati (PHA) sono una particolare famiglia di biopolimeri di origine microbica che si accumulano nel citoplasma cellulare come riserva di carbonio, sotto forma di granuli insolubili, fino ad un contenuto che può raggiungere il 90% del peso secco della massa batterica. I fenomeni di stoccaggio sono indotti da condizioni dinamiche di alimentazione del substrato carbonioso, indicate col termine "feast-famine", condotte all'interno di un reattore sequenziale discontinuo (SBR). Negli ultimi anni c'è stato un notevole interesse nei confronti delle colture microbiche miste (MMC) e dell'utilizzo di substrati a basso costo. Infatti, l'uso combinato di rifiuti come materie prime e l'impiego di MMC, dovrebbe portare ad una considerevole diminuzione dei costi operativi e di investimento (non essendo richieste condizioni di sterilità). Nonostante ciò, l'ottimizzazione degli stadi estrattivi del PHA dalle cellule resta il collo di bottiglia per l'avviamento della tecnologia basata su MMC, sulla scala industriale. Diverse tecnologie di recupero sono state proposte e studiate in scala di laboratorio: estrazione con solventi (principalmente cloroformio), digestione chimica (con ipoclorito di sodio), trattamento enzimatico e rottura meccanica, rottura con fluido supercritico, e tecniche di flottazione. Nell'ottica di ottimizzare il processo estrattivo e di recupero del polimero, verranno investigate modalità innovative di estrazione del PHA (mediante utilizzo di solventi ecocompatibili; estrazione con fluidi supercritici; digestione chimica con idrossido di sodio o con acido solforico) e le ripercussioni che i diversi trattamenti estrattivi avrebbero sulle proprietà del polimero estratto.
La limitata diffusione sul mercato dei poliidrossialcanoati e i loro marginali impieghi come plastiche alternative a quelle tradizionali, derivanti dal petrolio, sono la diretta conseguenza del loro elevato costo. Infatti, attualmente, la produzione di questi poliesteri biodegradabili ha un costo ancora troppo eccessivo per renderli competitivi sul mercato. Il valore aggiunto dei PHA è rappresentato dalla loro biodegradabilità e non tossicità ma, nonostante negli ultimi decenni i costi di esercizio siano diminuiti notevolmente grazie allo sviluppo di tecnologie di produzione mediante colture microbiche miste (MMC). Il prezzo del PHA/kg è ancora troppo elevato per renderli competitivi sul mercato a causa dei costi richiesti per la fase estrattiva del processo. Infatti, al termine dello step produttivo, è necessario procedere a diversi trattamenti estrattivi per il recupero del polimero dall¿interno delle cellule batteriche. Lo stato dell¿arte riguardante quest¿aspetto mostra come le performance estrattive migliori (elevati purezza e recupero di PHA) si ottengano impiegando solventi alogenati per l¿estrazione con solvente. Infatti, i solventi clorurati, principalmente cloroformio e diclorometano, solubilizzano i granuli di PHA che possono essere recuperati sotto forma di film a seguito dell¿evaporazione del solvente. D¿altra parte, l¿utilizzo di tali solventi deve essere limitato, infatti vengono utilizzati per estrazioni in laboratorio come trattamento estrattivo di riferimento. Nell¿ottica dello sviluppo di un processo completo di produzione di PHA, dapprima in scala pilota e successivamente in scala industriale, è necessario stabilire nuovi protocolli estrattivi che escludano l¿uso di solventi alogenati. A tal proposito, la ricerca proposta è volta alla standardizzazione di procedure ottimali per il recupero di PHA, impiegando sostanze non tossiche e poco costose. L¿obiettivo di ottimizzazione dell¿estrazione con solvente, utilizzando solventi ecocompatibili, è il punto di svolta dei processi produttivi dei poliidrossialcanoati. Infatti, l¿estrazione di PHA riguarderebbe l¿impiego di solventi poco costosi e a bassa tossicità (1,2-propilen carbonato, acetato d¿etile, acetato di butile), con la possibilità di essere riutilizzati facilmente anche su scala industriale. Nell¿ambito della digestione chimica mediante agenti chimici facilmente disponibili sul mercato e a basso costo (NaOH e tensioattivi ¿ SDS-), è interessante riuscire ad ottenere performance estrattive soddisfacenti (purezza e recupero superiori al 95%) pur mantenendo un¿elevata qualità del polimero. Infatti, l¿aspetto negativo del trattamento alcalino riguarda la diminuzione del peso molecolare del polimero, che comporta peggioramenti delle qualità meccaniche e reologiche della plastica. L¿ottimizzazione di tale processo apporterebbe un enorme vantaggio all¿economia del processo, grazie al basso costo dei reagenti chimici richiesti. Inoltre, è possibile sfruttare queste tecniche di recupero per ottenere polimeri destinati ad usi che non necessitano di poliesteri ad elevata purezza (per esempio per la produzione di materiali compositi, come particolari materiali ottenuti dal mescolamento di scarti di falegnameria e PHA), valorizzando in questo modo l¿intero processo.
Ancor più innovativo è il processo di estrazione mediante estrattore a fluido supercritico (SFE), in quanto la CO2 è un gas disponibile a basso costo e raggiunge le condizioni supercritiche a temperatura e pressione blande. Questo aspetto influisce positivamente sui costi energetici del processo estrattivo, in quanto si possono ottenere performance estrattive soddisfacenti con un limitato consumo di energia. Inoltre è possibile recuperare e riutilizzare la CO2 all¿interno dello stesso processo o, nell¿ottica futura della costruzione di un impianto industriale, indirizzandola verso altri processi industriali che possono essere accoppiati all¿estrattore. Quest¿ultimo trattamento estrattivo è attualmente il più inesplorato, per quanto riguarda le colture pure e soprattutto per le MMC, e per questo è di notevole interesse nello scenario delle estrazioni dei poliidrossialcanoati.