Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_2267015
Anno: 
2020
Abstract: 

La ricerca intende indagare caratteri, luoghi e identità stratificate della città contemporanea, con particolare riferimento ai temi dell'integrazione e del multiculturalismo.
Il caso-studio sarà il quartiere Esquilino a Roma che, per la particolare condizione geografica e ambientale, al margine del centro storico ma strategicamente favorevole allo scalo di persone, merci e risorse necessarie per l'approvvigionamento urbano, da sempre incarna la funzione di "arrival city", città dell'approdo, delle identità multiple, che trovano qui il modo di radicarsi.
Attraverso il progetto di architettura, la ricerca si farà interprete dei processi di trasformazione in atto, che sembrano indicare il bisogno di strutturare gli spazi in termini di coabitazione culturale e religiosa.
L'omogeneità e l'alta qualità architettonica del comparto urbano di riferimento porterà il gruppo a concentrarsi, da un lato, sulla trasformazione degli spazi interstiziali, sui margini delle infrastrutture, sul ripensamento della mobilità e della qualità dei fronti e delle attività che affacciano sulla quota urbana; dall'altro, sul nodo spaziale della stazione Termini e della piazza dei Cinquecento, che allo stato attuale è occupata da un esteso stazionamento delle linee degli autobus e da sporadiche emergenze che segnalano le discese alle linee metropolitane.
Il lavoro intende porsi in sinergia con altre ricerche in corso nel Dipartimento di Architettura e Progetto, e in particolare con due progetti di Ateneo incentrati sullo studio dei modelli urbani dell'Esquilino (anno 2018, resp. L. Reale) e sugli scenari trasformativi dell'area di Termini (anno 2019, resp. M. Raitano, di cui la proponente è componente).
L'obiettivo è quello di portare a compimento questi lavori all'interno di un quadro più ambizioso e completo, interdisciplinare e innovativo, capace di affrontare gli aspetti dell'accoglienza e del multiculturalismo ad oggi non trattati negli studi precedenti.

ERC: 
SH5_8
SH5_4
SH2_9
Componenti gruppo di ricerca: 
sb_cp_is_2878936
sb_cp_is_2878890
sb_cp_is_2884308
sb_cp_es_396638
sb_cp_es_396639
sb_cp_es_396640
sb_cp_es_396641
Innovatività: 

La ricerca avrà carattere interdisciplinare e metterà a confronto scienze dello spazio e scienze sociali attorno a un tema urgente quale quello dell'uso degli spazi urbani in un quartiere caratterizzato da una forte presenza multiculturale. Il quartiere Esquilino, oggetto specifico del lavoro di indagine, è stato dunque scelto per la sua capacità di inquadrare il tema e di offrire spunti analitici e progettuali importanti.

Più nello specifico l'Esquilino, con la presenza della stazione che fa da naturale collettore ai flussi di transito e con la radicata presenza di comunità straniere di più antica immigrazione, rappresenta un luogo esemplare per trarre riflessioni e indicare soluzioni possibili che coinvolgano al tempo stesso le forme della città e le forme del vivere sociale. Accanto alla presenza dell'immigrazione, il rione mantiene inoltre la sua funzione residenziale, ancora a carattere popolare e solo in minima parte "gentrificata", che si integra ad attività ricettive e commerciali indotte dal nodo ferroviario. Per la presenza di due delle quattro grandi basiliche romane e delle Terme, l'Esquilino costituisce infine anche una meta del turistica. Ciò nonostante, dopo un periodo caratterizzato da grande interesse (coincidente con l'ultimo ventennio del secolo scorso), sull'Esquilino è calato un certo disimpegno sul piano della ricerca progettuale, mentre non sono mancati gli studi analitici e storici.

Sul piano delle politiche urbane, da un lato emergono un'enorme quantità di associazioni e comitati che "dal basso" rafforzano identità e socialità, integrazione e vivere comune; dall'altro, negli ultimi anni si sono susseguiti numerosi interventi di trasformazione "top down", come la piastra-parcheggio di Termini, il Mercato Centrale, il museo di Palazzo Merulana, ecc.

Rispetto a questa condizione, la ricerca intende tracciare un quadro d'insieme capace di mettere a sistema queste spinte differenti, cercando di superare gli interessi parcellizzati e tentando un avanzamento della visione progettuale capace di orientare, in futuro, le politiche urbane della capitale.

Tornando al tema del multiculturalismo, va inoltre detto che l'impatto che i migranti producono nel tessuto spaziale e morfologico delle nostre città non è stato ancora analizzato come meriterebbe, mentre andrebbe invece preso in seria considerazione un aspetto: che a fronte di una mancanza di spazi e di strutture dedicate, si innescano meccanismi di autoregolamentazione da parte dei migranti stessi, che allestiscono in forma autonoma nuovi spazi urbani, recingono aree per l'incontro, si appropriano spontaneamente di luoghi che identificano come punti per la loro socializzazione, modificandone il carattere e le regole di fruizione, espropriandoli alla città e sottraendo, così, una certa quota di spazio pubblico, in una modalità non regolamentata dal progetto.

Tali processi di appropriazione spontanea (che si sono verificati a Roma nei piazzali limitrofi alla stazione Tiburtina, ma non solo) non aiutano certamente la pacificazione sociale, mentre al contrario avremmo bisogno di spazi che promuovano e favoriscano il pluralismo culturale, che incentivino l'incontro e lo scambio, affinché il multiculturalismo sia inquadrato, in Italia come in Europa, non più come una minaccia, ma come una risorsa. Locale e globale infatti si intrecciano e interagiscono oggi in forme sconosciute nelle epoche precedenti, producendo nelle città nuove centralità, inediti luoghi-sosta di radicamenti dinamici e mobilità multiformi, luoghi-intersezione di nomadismi che cortocircuitano la dimensione locale con quella mondiale.

In sintesi, diremo quindi che "accoglienza" e "controllo" rappresentano i due estremi antitetici della questione: l'accoglienza vuole spazi permeabili, che attraversino tutte le gradazioni che vanno dal semi-pubblico al semi-privato, che invogliano alla scoperta e che si lasciano capire intuitivamente; il controllo al contrario richiede che sia chiara la distinzione tra il pubblico e il privato, tra il dentro e il fuori. Nel primo caso abbiamo la sovrapposizione dei flussi come valore, nel secondo la loro distinzione; e ancora: nel primo caso - per citare Venturi - ci muoviamo nel campo della cultura dell'et-et, nel secondo in quella dell'aut-aut, assecondando due istanze contrapposte tra le quali è complesso lavorare alla pacificazione. Tuttavia, non c'è dubbio che tanto possano fare, su questo tema, le competenze dell'architetto. Ciononostante l'architettura, al momento attuale, non è chiamata direttamente in causa nei tavoli tecnico-istituzionali, perché non viene capito come la costruzione dello spazio sia parte della soluzione del problema.

Di fronte a questa mancanza di ascolto, l'assunto di base della ricerca è, invece, che il tema dello spazio per l'integrazione possa rappresentare una vera occasione per rimettere l'architettura, se non al centro del dibattito, almeno a lato nei tavoli istituzionali.

Codice Bando: 
2267015

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