Frammenti di un discorso transmediale
Il transmedia storytelling non è più una novità, ma contemporaneamente, per sua natura, costituisce da un lato un oggetto di studio e
di ricerca difficilmente riconducibile a modelli cristallizzati, dall’altro
un insieme di pratiche narrative e produttive costantemente in corso di evoluzione. L’unione della dimensione tecnologica e di quella
narrativa, infatti, origina un intervallo, non soltanto semantico, in costante espansione, sia in virtù delle incessanti implementazioni delle
forme di produzione e fruizione, sia in virtù della capacità creativa
potenzialmente illimitata dello storytelling.
In questo senso, allora, a prescindere dalla centralità dei contributi
teorici fondativi, da Jenkins, a Gomez, a Scolari, relativi all’oggetto del
presente articolo, il fenomeno della narrazione transmediale, oltre ad
aver colonizzato territori e pratiche differenti da quella fiction (pubblicità, marketing, informazione, etc.), ha ormai raggiunto un grado di
maturazione, tale da consentire tentativi di elaborazione di principi, in
grado di mappare al meglio la vastità del fenomeno. Come ad esempio, la riconfigurazione delle coordinate spazio–temporali, l’insieme di
inedite pratiche di partecipazione alle esperienze, fino ad una sorta di
semiosi illimitata dei testi, che riporta alla luce e riattualizza immaginari
cult della produzione culturale. Coinvolgendo competenze diverse, questo breve saggio punta a integrare il piano della teoria con quello della
pratica, con un obiettivo principale: evidenziare alcuni dei principali
elementi in grado di configurare una sorta di paradigma, condiviso e aggiornato, del transmedia storytelling, anche alla luce dell’analisi di una
significativa esperienza di racconto transmediale attuata nel panorama
produttivo italiano, come Frammenti.