«Nuove» produzioni agricole, passato e presente nell’agro romano
Le condizioni ambientali che storicamente hanno reso problematico l’insediamento stabile di popolazione hanno portato spesso a sperimentare nell’Agro romano la coltivazione di specie alloctone, invasive e non invasive. Piante con funzioni di drenaggio per sottrarre terra alle paludi, e quindi alla malaria, altre come effetto secondario dei movimenti migratori stagionali per lo svolgimento di lavori avventizi nel latifondo romano. I migranti stagionali, che è possibile individuare fino alla prima metà del Novecento, hanno cercato di riprodurre in alcuni casi i paesaggi a loro familiari realizzando orti con coltivazioni delle aree di provenienza.
La bonifica, a sud e a nord della capitale, ha determinato l’inserimento di specie esotiche non native. Attualmente il fenomeno si ripropone per via della presenza di addetti al settore agricolo provenienti da paesi extra-europei che, sia per uso personale sia per rispondere alle esigenze di mercato, producono specie alloctone. Nella portata di questo scenario si individuano aspetti geograficamente rilevanti in riferimento agli impatti economici, sanitari ed ecologici legati alla
coltivazione di specie esotiche.