Rappresentazione/autorappresentazione delle professioni dello spazio pubblico nelle trasmissioni televisive di infotainment
Lo studio delle professioni dello spazio pubblico all’interno dei programmi televisivi di infotainment deve necessariamente partire da una presa di coscienza delle logiche implicite che impone la tv quale mezzo di comunicazione che, nonostante l’abbondanza delle alternative, riesce ancora a mantenere il primato nella dieta mediatica degli italiani. Anche nell’epoca della Rete, dunque, i media “tradizionali” continuano a giocare in Italia un ruolo di primo piano nel condizionare - se non nel costruire - il panorama della visibilità pubblica riguardo a temi, gusti, opinioni e professioni. Di fatto, sono i media mainstream che riescono a promuovere nuove zone di visibilità: temi generalmente sequestrati dai saperi esperti (ambiente, scienza, sicu-rezza, etc.) possono apparire o scomparire in funzione della lo-ro presenza o assenza nell’agenda mediatica. La complessità delle specifiche figure professionali, così come i temi oggetto di dibattito nei salotti televisivi, sono spesso vincolati ai processi di spettacolarizzazione e di vetrinizzazione sociale. Dunque, la rappresentazione che ne emerge accosta la complessità di trat-tazione di un tema alla capacità espressiva e oratoria dei protagonisti chiamati a intervenire su quello stesso tema o, al contrario, la “banalità” di un argomento si appoggia sulla notorietà dell’ospite. I media, infatti, tendono ad assoggettare il discorso intellettuale o scientifico alle proprie esigenze, spesso portando a ec-cessive semplificazioni, banalizzazioni e persino distorsioni di significato e di senso, come anticipava con lungimiranza Pierre Bourdieu ormai vent’anni fa. Partendo da questi presupposti interpretativi, la scelta di destinare una parte dell’indagine sulla questione complessa della visibilità e della comunicazione delle professioni dello spazio pubblico all’analisi delle rappresentazioni televisive diventa strategica da più punti di vista.