LA CORTE COSTITUZIONALE SUL CASO CAPPATO: PUÒ UN’ORDINANZA CHIEDERE AL PARLAMENTO DI LEGALIZZARE IL SUICIDIO ASSISTITO?

01 Pubblicazione su rivista
Razzano Giovanna
ISSN: 2240-9823

Lo scritto discute i contenuti dell’ordinanza n. 207 della Corte costituzionale, concernente la questione di costituzionalità dell’art. 580 c.p., sull’istigazione o aiuto al suicidio, che viene respinta. La pronuncia tuttavia, mentre da un lato qualifica l’art. 580 c.p. «funzionale alla protezione di interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento», dall’altro lo dichiara non applicabile fintantoché il Parlamento non approvi una legge che, ad alcune condizioni, renda il suicidio assistito legale entro una specifica data. In tal modo non solo viene travalicato il thema decidendum, ma si assiste al passaggio dal giudizio sul reato di aiuto al suicidio a quello sull’opportunità del diritto al suicidio assistito, in assenza di qualsiasi “rima”, ossia di un’estensione interpretativa giustificata da una necessità logica. Criticabile è anche l’asserita analogia fra l’ordinanza e la sentenza Nicklinson della Suprema Corte inglese. Mentre infatti quest’ultima ha lasciato al Parlamento ogni discrezionalità in merito alla scelta di circoscrivere il divieto di suicidio assistito, la Corte costituzionale italiana ha invece dettato la legge che il Parlamento dovrebbe adottare, assegnandogli persino un termine. Ove così avvenisse, l’Italia diventerebbe simile al Belgio e all’Olanda, Paesi della CEDU che, a talune condizioni, hanno legalizzato eutanasia e suicidio assistito. In questi ordinamenti però, dopo oltre quindici anni di vigenza di queste leggi, i casi sono aumentati a dismisura e la morte assistita si pratica anche a coloro che sono vulnerabili, che si sentono soli e che possiedono una capacità di intendere compromessa.

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