Riflessioni su Emilio Betti filosofo e costituzionalista, suo malgrado

01 Pubblicazione su rivista
Razzano Giovanna
ISSN: 2279-7238

La tesi sottesa all’articolo è che Emilio Betti possa considerarsi filosofo e perfino costituzionalista, nonostante le sue espresse riserve sulla “nuova” Costituzione e nonostante abbia dichiarato di non voler ascriversi, con la sua “teoria generale”, ad alcun sistema filosofico. Attraverso l’esame dei suoi scritti si ricava infatti un preciso orientamento di pensiero, critico nei confronti del positivismo e del normativismo kelseniano, in quanto dimentica che le norme sono strumenti per il fine di una convivenza sociale, dove rileva la logica dei rapporti disciplinati, attraverso una ricostruzione sia storica, sia tecnica. Esclusa quindi una scienza ermeneutica relativistica e attributiva di significati soggettivi, Betti sostiene un’ermeneutica obiettiva e rispettosa dell’alterità e della verità storica, dove l’oggetto da interpretare è una forma rappresentativa da comprendere e interpretare perché creata dagli uomini, come il “mondo civile” di Giambattista Vico. Betti inoltre difende il carattere scientifico dell’interpretazione giuridica, anche quando viene in considerazione l’elemento valutativo assiologico, rifiutando la tesi per cui i valori etici sarebbero una creazione del singolo soggetto. Betti è anche “costituzionalista” nella misura in cui affronta il tema della competenza nell’individuazione dei principi generali del diritto, che per il nostro autore spetta alla giurisprudenza, sebbene nei limiti che le sono propri, che le impediscono di creare diritto e di divenire essa stessa fonte del diritto, quasi come nella Roma antica, dove l’interpretatio prudentium si contrapponeva ad un complesso di leges. L’apprezzamento interpretativo rimane infatti «pur sempre vincolato e subordinato alla linea di coerenza logica, immanente all’ordine giuridico considerato nella sua totalità». Inoltre la convinzione di Betti, circa l’esistenza di una continuità fra interpretazione, logica, teleologica e assiologica, trova una corrispondenza nella giurisprudenza costituzionale, allorché ha individuato nei c.d. “controlimiti”, ossia nei principi supremi e nei diritti inviolabili, una qualità etica e, nondimeno, giuridica.

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