La preclusione all’impugnabilità del lodo ex art. 817, 2º comma non opera per il contumace in arbitrato
L’ordinanza 28 febbraio 2019, n. 5824 si pronuncia sull’eccezione di incompetenza arbitrale per inesistenza, invalidita` o
inefficacia della convenzione ex art. 817, 2º comma, c.p.c., definita eccezione processuale in senso stretto, che il destinatario
della domanda di arbitrato dovra` sollevare ‘‘nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri’’, pena la decadenza dal
potere di impugnare il lodo per invalidita` della convenzione ex artt. 817, 2º comma, seconda parte e 829, 1º comma, n. 1, c.p.c.
A meno che egli non scelga di rimanere contumace. In tal caso, chiarisce la S.C., l’art. 817, 2º comma, e la decadenza ivi
sancita non opereranno, e il contumace in arbitrato potra` ammissibilmente impugnare il lodo anche ex art. 829, 1º comma, n. 1
c.p.c. La conclusione risulta coerente con la ratio della norma, che correla la proroga della competenza arbitrale ad una scelta
(o, altre volte, ad una disattenzione) del difensore, e dunque vuole che soltanto chi e` debitamente assistito possa col proprio
silenzio radicare la competenza arbitrale. In chiusura lo scritto si interroga su due ulteriori quesiti: quando la parte potra` dirsi
contumace in arbitrato, e giunge ad escludere che tale sia la parte che abbia nominato il proprio arbitro, anche se poi non
prenda parte al giudizio arbitrale; e se nei casi di contumacia sussista il potere di rilievo officioso dell’incompetenza arbitrale:
possibile, salvo le ipotesi in cui la incompetenza deriva da un vizio della convenzione arbitrale il cui rilievo e` rimesso, dalla
disciplina sostanziale, all’iniziativa della parte.