La basilica di S. Pio X a Lourdes. Struttura e architettura

02 Pubblicazione su volume
Pugnaletto Marina, Paolini Cesira

Tra le opere di Pierre Vagò particolarmente suggestiva è la chiesa che l'architetto realizzò a Lourdes negli anni Cinquanta. Già nel 1951, in previsione del centenario delle apparizioni mariane, era stato intrapreso il lungo percorso che avrebbe portato alla costruzione di una nuova Basilica e nel 1953 fu nominato, quale capo architetto dell'opera, Pierre Vagò. Il primo problema da affrontare nella progettazione era la scelta del luogo dove erigere la basilica; volendo edificarla in prossimità delle due già esistenti gli spazi a disposizione erano due: quello di fronte alla grotta delle apparizioni o quello verde situato tra l’asse che portava alla basilica e la strada che la costeggiava. Considerate le dimensioni del nuovo edificio Vagò escluse la possibilità di costruire nelle immediate vicinanze della grotta poiché lo spazio, altamente suggestivo, conservava ancora le caratteristiche che aveva al tempo delle apparizioni. Per non interferire con le architetture esistenti egli pensò quindi di interrare completamente il nuovo edificio che sin dai primi schizzi appare come un Grand Abri, costruito in uno scavo a cielo aperto, che prevedeva una copertura verde per ripristinare la continuità del prato esistente. La nuova basilica presentava una pianta ellittica, dettata sia dalla forma del terreno a disposizione, sia dal forte significato simbolico essendo vicina a quella dell’Ictys dei primi cristiani, e la copertura aveva dimensioni tali da dover coinvolgere da subito ingegneri capaci di dominare le problematiche strutturali che un tale progetto avrebbe determinato. Per la loro indiscussa esperienza, vennero contattati Pier Luigi Nervi ed Eugene Freyssinet che prospettarono la loro soluzione strutturale per realizzare la grande copertura.
La scelta cadde sulla proposta di Freyssinet e nella versione finale la nuova basilica presentava una navata conformata a mandorla e coperta da una successione di archi che poggiavano da entrambi i lati su elementi triangolari disposti in modo tale da garantire una centralità dell'edificio.
Definito questo enorme spazio l'attenzione di Vagò si concentrò anche nei particolari, come il posizionamento dell'altare e della Cappella del Santissimo Sacramento, l'acustica della immensa sala, la possibilità di consentire a tutti i fedeli di seguire la liturgia, la conformazione della pavimentazione e la disposizione dell'illuminazione artificiale.
Se si fa riferimento solo agli aspetti tecnici, peraltro molto interessanti, il progetto potrebbe ridursi alla copertura di una grande superficie ellittica di circa dodicimila metri quadrati, ma l'effettiva creazione architettonica dell'opera è da rintracciare nella forma dell’invaso che consente numerose prospettive derivanti dall’allineamento degli elementi di imposta degli archi in cemento disposti a raggiera a partire dall’asse mediano e conformati in modo da avvicinarsi in ogni campata fino ad incontrarsi nelle estremità così da creare un edificio a pianta centrale, definito, chiuso e circoscritto. Il risultato è uno spazio di grande suggestione che concretizza le parole di Auguste Perret: "La tecnica, narrata da un poeta, conduce all'architettura”.

© Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma